politica

Mentre i 'galattici lecchini' sgomitano per dimenticare Lella
4 minuti e 2 secondi di lettura
Quando il direttore di Repubblica, Ezio Mauro ha rivolto a Matteo Renzi la secca domanda sulla sconfitta ("Il Pd ha perso in Liguria perché ha sbagliato candidato, perché è finito un ciclo, per un'amministrazione mediocre... Tutto insieme?"), il Carlo Felice pieno come a un concerto di Pollini, è scoppiato in un applauso fragoroso, che ha avuto l'apparenza di un applauso liberatorio. Ma chi, sadicamente, sperava che il premier lapidasse Lella Paita trasformandola  nell'unico simbolo della rovina ha avuto la sua dose di delusione. "Non maramaldeggio sulla sconfitta. La cosa peggiore quando si perde è di rimanere soli. Io non ci sto!".

Così Renzi, nella cocente sconfitta ligure, ha coinvolto tutto il suo partito locale, non quello nazionale, ma quello che, come si dice, va da Sarzana a Ventimiglia. "Senza alibi" ha aggiunto, come dire che il povero Pastorino col suo miserello 9 per cento racimolato addirittura facendo salire sul tram la lista Tsipras ("Ma cossa l'é a lista Sipra?") non c'entra e con questo partito, probabilmente, comincerà fare i conti da domani, quando avrà anche risistemato il suo cerchio magico, oggi piuttosto ammaccato e che della Liguria non ha capito un cavolo nonostante le ripetute allerte lanciate dai due segretari.

Un anno fa, era il 21 giugno, venivano celebrati i fasti di Galattica (che sfiga questi enfatici titoli....), la convention con cui Lella Paita cominciava a costruire il suo presunto quinquennio di presidenza. C'erano grandi nomi del partito nazionale, c'erano grandi (beh insomma, granducci...) imprenditori locali, moltissimi sindaci guidati dal vate di Sarzana, che cinguettavano sospiri di godimento, sostenuti da rimpallatori di professione traslocati anche oltre i Giovi per fare massa critica, c'era il grande esercito (questo sì, molto grande) dei lecchini di professione.

Chiamiamoli oggi i Galattici Lecchini. Provenivano da tutte le aree e professioni, molti dalla sanità, molti dal sottobosco parapolitico, chiamati a raccolta per fiducia e obbedienza. E seguivano le tracce di manitoba democratico lasciate dall'ideologo Farinetti.

Fa tristezza vedere che oggi i Galattici Lecchini sgomitano per dimenticare la Lella, signora sconfitta che ci ha creduto e ci ha messo faccia, facendo a gara per cancellare i loro nomi da quei moti di affetto, motori di endorsement, tweet di sdilinquamento in 140 caratteri che ci hanno triturato le palle per oltre un anno. E scommetto che stasera tenteranno di entrare al Time di corso Italia dove arriverà Berlusconi per lanciare Toti . In fondo che male c'è?  Si tratta solo di cambiar tavolo. E loro sono maestri in questa arte.

Nell'intervista a cuore aperto che Raffella Paita mi ha concesso qualche giorno fa, ha coniato un termine molto interessante, ma da chiarire bene per non fare di ogni erba un fascio: il Sistema-Genova. Piuttosto che quello che ho utilizzato io per semplificare: il Sistema-Burlando. Vero: è il Sistema-Genova che forse sta finendo e che questo voto sorprendente ha disvelato, che ha condizionato gli ultimi decenni di vita locale e che i genovesi non vogliono più vedere al comando.

Certo che l'ex governatore, di questo Sistema-Genova, non era un osservatore, ma uno dei protagonisti più autorevoli, anche per il ruolo strategico che aveva e per le doti, che sempre gli sono state riconosciute (fino a un anno e mezzo fa, almeno) di abile stratega di una politica che qui non aveva altri leader.

Ebbene, al Carlo Felice l'ignaro Renzi aveva di fronte anche qualcuno del Sistema-Genova, plaudente, felice faccia di bronzo, come se niente fosse successo. ma c'era anche  un Sistema-Genova sano, che attende risposte sul Blue Print di Renzo Piano, sulla ferrovia azzoppata a ponente, sulla super-diga, su Erzelli, su Amt, sull'aeroporto uso famiglia, sui valichi otturati e le gronde sudate. E che ha diritto di averle dopo trent'anni di attese e cambi di governi dal centrosinista al centrodestra e viceversa.

Il vecchio sistema non é stato in grado, da quando Marco Doria aveva soffiato la vittoria alla Vincenzi e soprattutto alla Generalessa Pinotti, di trovare tra i suoi o fuori, il nome espressione di una nuova generazione, non compromessa, fresca, coraggiosa, informale.
Altro che nome "rock"! Nemmeno un nome "mazurka", dovendo poi correre da Sergio Cofferati per supplicarlo di scendere in campo, attirandogli contro i lazzi scemi sull'età e il passato. (E pensare che a pochi chilometri c'era la Balzani!).

Ora il Pd deve ricominciare senza alibi, senza compromessi per placare l'uno e l'altro. Un Pd che deve chiarire i suoi rapporti col Sistema-Genova e fare le sue scelte. Renzi incalzerà, e noi lo speriamo. Si dice che non manderà un commissario proconsole. Ma ha davanti una poderosa occasione che potrebbe essere d'esempio anche per lo stesso premier. Non sarà una occasione galattica, ma pazienza. Basta che non porti sfiga.