cronaca

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La Concordia è tornata a morire là dov’era nata, quasi nove anni fa. Il suo destino viene segnato quel maledetto 13 gennaio 20012, allo scoccare delle 21 e 45. In quell’istante la chiglia di una delle più belle navi da crociera costruite dalla Costa urta il più piccolo degli scogli delle Scole, a 500 metri dall’Isola del Giglio. Al comando Francesco Schettino. Che sciaguratamente decide di fare “l’inchino”, operazione che in gergo marinaresco significa “passaggio della nave molto vicino alla costa in segno di saluto”. Una pratica antica. Una scelta fatale. Che provoca il naufragio della Concordia e, soprattutto, la morte di 32 persone.


Dal quel momento nulla è più come prima. La tragedia fa il giro del mondo e il nome di Schettino diventa sinonimo di viltà. Il comandante dovrebbe essere l’ultimo ad abbandonare la nave, lui invece lo fa molto prima. Una pagina brutta e tragica. Una storia non ancora arrivata alla parola fine, perché altre ne scriveranno ingegneri e maestranze chiamati a demolirla, la Concordia. Pezzo per pezzo, grazie a tecnologie di avanguardia e ad antiche maestrie artigiane. Prima, però, altri hanno dovuto farla rigalleggiare, altri l’hanno portata davanti a Prà e altri ancora l’hanno ormeggiata in porto.


Magie. Per un’operazione titanica. Mai tentata prima. Il premier Matteo Renzi dice che questa “è l’Italia capace di stupire”. Vero. Ma il rischio è cadere nella retorica, allora meglio affidarsi alle cifre. La Concordia è lunga 290 metri e larga 36, con una stazza di 114.500 tonnellate. Varata nel settembre 2005 aveva il più grande centro benessere mai costruito a bordo di una nave, dislocato su due piani e con una superficie di oltre 2.100 metri quadrati. E poi: 1.500 cabine totali, quattro piscine con acqua salata (due delle quali con copertura semovente in cristallo), cinque vasche idromassaggio, un campo polisportivo, un percorso jogging, 5 ristoranti, 13 bar, un teatro, un simulatore di guida da Formula 1, una discoteca, sale da ballo, il Casinò, un cinema 4D. In tutto poteva ospitare 3.800 passeggeri e 1.100 membri di equipaggio.
Ecco, le dimensioni di questo gigante ormai senza vita danno perfettamente l’idea di ciò che è stato realizzato. Dal Giglio fin sotto la Lanterna, senza motori e senza timone, trainato prima dai rimorchiatori e poi da quelli del porto genovese, che come fosse una piuma l’hanno adagiata alla banchina. Sotto gli occhi del mondo e di un esercito di curiosi arrivati da ogni dove.


Era nata a Genova, la Concordia. E a Genova muore. Ma l’ultimo viaggio, 180 miglia percorse come un lento corteo funebre, diventa anche un simbolo di rinascita. Il modo migliore per rendere omaggio a quelle povere vittime. L’impresa impedirà che il loro ricordo si dissolva.