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L'intervista
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Il direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia, Roberto Cingolani, spiega a Primocanale la natura dell'istituto, gli obiettivi che si prefigge e chiede alle istituzioni collegamenti più rapidi con Milano. Sulle ultime imprese dice: “Abbiamo voluto riprodurre una specie di ecosistema di umanoidi che ricreassero la nostra convenzione natalizia. Rimane comunque un esercizio.”


Esercizio che la dice lunga sugli esperimenti dell’Istituto di Tecnologia di Genova

“In realtà l’istituto ha sviluppato un’intera famiglia di robot. Si parte da una pianta robotica, chiamata plantoide che non è propriamente un umanoide e che ha delle radici come quelle naturali. Poi abbiamo l’animaloide, un quadrupede, pensato per aiutare nelle situazioni di pericolo; il bambino, con fattezze e dimensioni di un vero bambino con un’intelligenza artificiale che gli consente di apprendere, che genera empaticamente un legame con la persona che lo guarda. Infine c’è l’androide più grande di circa un metro e novanta.”


L’istituto italiano di tecnologia è minacciato?

“La comunità scientifica è fatta di persone che pensano in modo diverso: noi rappresentiamo un modello di ricerca molto internazionale. Siamo l’unico istituto che ha dimostrato che la fuga di cervelli si può combattere e sconfiggere, si parla di un istituto molto giovane che impiega delle regole internazionali. È comprensibile come questo possa generare delle critiche. Tuttavia, per me le critiche sono sempre costruttive e contengono sempre qualcosa che va considerato. È bene anche misurarsi con altre realtà scientifiche.”


I più grandi ammiratori da una parte e detrattori dall’altra, si trovano in una comunità scientifica nazionale privata o statale come l’università?

“Non penso ci sia un fenotipo di estimatore o di nemico: siamo in un periodo di libere opinioni, è ovvio che a qualcuno il modello non piaccia. Io non avverto nessun tipo di ostilità a livello di comunità scientifica internazionale e nazionale, poi è chiaro che si tratti di un mestiere in competizione e la competizione porti all’agonismo.”


Come vive l’istituto di tecnologia? Come impiegate i fondi e quali sono i controlli?

“In realtà dire che l’istituto è privato è un gravissimo errore: noi siamo un ente dello Stato, iscritto all’albo insieme agli altri enti, abbiamo un finanziamento annuale statale di 96 milioni e molti altri soldi derivano da progetti competitivi internazionali. La parola privato discende dal fatto che pur essendo un ente dello Stato, siamo una governance di una fondazione di diritto privato. Siamo privati nel senso che non facciamo il bando in azienda ufficiale e facciamo delle chiamate internazionali e organizziamo dei gruppi tra esperti che ci aiutano a selezionare i migliori. Ed è questo il motivo per cui la metà del nostro staff proviene da 50 nazioni. Confondere questa cosa che l’istituto sia privato è un errore concettuale madornale. ”


L’istituto di tecnologia sarà protagonista della rinascita dell’area dell’Expo…

“Il fatto che l’istituto sia stato scelto dimostra che sono più le persone favorevoli piuttosto che quelle sono contro. La questione dell’Expo è nata poco prima che finisse l’evento, quindi verso metà ottobre e il Governo cercava delle idee per il proseguo. Quindi è stato chiesto di fornire qualche progetto per il futuro di quella grande area. Noi abbiamo proposto qualcosa che è molto in linea con i nostri studi concentrandolo sull’essere umano con una declinazione molto forte su quelli che erano le missioni principali di Expo. È stato un messaggio ben recepito.”


Genova ha paura del declino dell’istituto di tecnologia a favore di altre aree come Milano?

“Assolutamente no: ci hanno dato nuove risorse per fare qualcosa di molto strategico per il Paese con lo stesso metodo che abbiamo sviluppato a Genova. È da considerarsi un successo per questa città.”


Un aggettivo per l’istituto di tecnologia nel futuro…

“Credo che nei prossimi anni ci giocheremo la carta di poter diventare ‘un’area’ così come lo è la Silicon Valley. Ecco: Genova, Torino, Milano dovranno diventare l’area I-Tech italiana che dovrà essere una bandiera sulla superficie del pianeta. Questa è la vera sfida per il futuro.”


Una Liguria meno isolata e più collegata rapidamente con altri punti strategici potrebbe essere una soluzione?

“Per me questo rappresenta un sogno: mi piacerebbero i treni veloci e un aeroporto più internazionale. Per noi è un fattore molto importante perché abbiamo molte persone provenienti dall’estero per cui oggi i collegamenti risultano difficili. Una rete di trasporto efficiente ci farebbe diventare molto più potenti. ”