cronaca

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I segni contrapposti di Genova in questi giorni di Ferragosto sono due: una massiccia presenza di turisti che tonificano la tradizionale asfissia che accompagna i genovesi da un po' di tempo. E il secondo? Beh il degrado della città, leggibile in ogni angolo. Ingiustificabile anche in un momento di crisi (che peraltro sta andando avanti da alcuni anni). Il degrado ha raggiunto livelli inaccettabili e messo di fronte alla visibile e interessante crescita turistica raddoppia la sua negatività.

Chiacchiere di ferragosto, senza dubbio. Ma sono proprio questi giorni inutili a stimolare osservazioni ricche di banalità che però non possono più essere messe sotto il tappeto come la polvere, anche perché ormai anche il comodo tappeto che serve a nascondere le magagne è scomparso. I turisti ieri scesi dai pullman venivano avvolti da folate di fresco vento misto a cartacce residuo di inciviltà.

Chi era nel porto antico in queste settimane si doveva beccare un falso suk incredibile nella vetrina turistica della città e assolutamente non più tollerabile. Chi percorreva i marcipiedi da Piccapietra al Carlo Felice doveva munirsi di una maschera per sopportare la puzza di piscio umano seminato sotto ogni colonna.

Ieri sul Corriere Mercantile veniva raccontato il disfacimento del "Bruco" di Brignole, l'orrendo prodotto dell'architettura delle giunte di sinistra anni '80 ormai diventato un dormitorio di poveretti che meriterebbero una assistenza dignitosa in strutture adeguate. In centro, passeggiando laddove salita della Misericordia s'immette in via San Vincenzo circolavano topi che per le loro dimensioni avrebbero potuto partecipare al premio della bontà canina.

Infine questi allegri prati urbani. Io ne ho alcuni metri quadrati davanti al portone di casa. Li ho fotografati perché mi ricordano le fotografie sugli orti di guerra pubblicate in un recente volume di De Ferrari. Quando il grano cresceva in piazza della Vittoria. Ora non è grano, ma una pianta verde, di notevole altezza (oltre 50 cm), che spunta tra le lastre dei marciapiedi e sale, sale e ondeggia al venticello.

Che non ci venganoa raccontare che il verde a Genova non esiste più.