C'è voluta quasi una rivolta popolare per costringere il Comune a firmare quella benedetta ordinanza che autorizzava l'accensione dei caloriferi a Genova, nel giorno del Grande Tornado. La città era martellata dal vento con raffiche oltre i 120 chilometri all'ora, da un gigantesco temporale incombente che arrivava dal mare e da un calo delle temperature, scese già nei giorni precedenti.
Il popolo infreddolito chiedeva l'accensione degli impianti, misura già ottenuta nei Comuni viciniori e nelle altre grandi città italiane del Nord. Ma Genova nicchiava, il sindaco era lontano e insensibile e il povero assessore all'Ambiente, competente in materia caloriferi, Italo Porcile, una delle ultime new entry nella giunta Doria, tentennava, si arrampicava sugli specchi delle ordinanze, si avviava nelle tortuosità della burocrazia, tra tempi di decisione e tempi di avvio per gli amministratori dei palazzi.
E la città rabbrividiva di paura e di freddo, mentre la tempesta, “entrata” dal mare, con la sua coda lasciava una stricia di danni ovunque, colpendo al cuore i quartieri di Levante, Nervi, sopratutto, la leggiadra delegazione di cui sconciava i tesori, il parco famosissimo e pregiato e la passeggiata a mare, scoperchiava tetti, abbatteva alberi secolari, cambiando perfino il panorama.
E allora finalmente l'attesa ordinanza veniva firmata e il balbettio comunale, per bocca dell'assessore-tentenna, si esauriva nell'annuncio: “Si accendano i caloriferi per dieci ore al giorno e almeno per 18 giorni”.
Alleluia, ma ci voleva tanto per uscire da questo indecisionismo balbettante e probabilmente spiegato con principi che questa amministrazione e quel sindaco e quell'assessore invocano, quando ci sono da assumere le misure che riguardano la salute dei cittadini, i loro disagi e il loro benessere.
Non ci siamo mica dimenticati della famosa ordinanza, battezzata anti Vespe, che pende sulla testa delle decine di migliaia di motociclisti genovesi da oramai una decina di mesi. Anche quella ordinanza è nella tasca dell'assessore-tentenna Italo Porcile.
Un po' esce, un po' rientra in quella tasca, minacciando la circolazione delle Vespe e degli altri mezzi che hanno compiuto una certà età e la cui catalizzazione è sotto un certo parametro.
Tursi ha già minacciato almeno tre volte di sfornarla questa decisione del blocco delle Vespe per purificare l'aria. Poi si pente, forse perchè teme di scatenare una rivolta colossale, di far diventare Genova la capitale di un'invasione di Vespe da tutta italia: la città che le ha inventate e che ora ne vieta la circolazione, attribuendo l'inquinamento a questo mezzo, che è una delle “firme”, dei vanti del made in Italy e anche del made in Genoa.
Come se l'inquinamento fosse provocato da loro e non dalle tante altre fonti di una città che ha nella sua pancia un grande porto e una industria di Riparazioninavali a neppure cento metri dal centro.
Ma l'assessore Porcile, e dietro il suo sindaco, balbettano, tentennano. I caloriferi li hanno fatti accendere, scossi dal tornado. Non è che ora, per compensare, ordineranno il blocco delle Vespe?
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I caloriferi e le Vespe, ecco l'assessore-tentenna
Italo Porcile, una delle ultime new entry della giunta Doria
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