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Ponente e Valpolcevera, una spina 'ambientale' nel fianco
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Bene ha fatto il sindaco Marco Doria a non fare passerelle sul petrolio che ha innaffiato il Polcevera asfissiando ancora una volta gli abitanti. Anche perché non esistono ragioni per fare passerelle e nemmeno per raccogliere i consensi di cose fatte. In Valpolcevera, infatti, è stato fatto molto poco per restituire un minimo di qualità della vita alla gente. Non è stato fatto nemmeno in molte altre zone del Ponente genovese. Non è colpa di Doria soltanto (che ha la responsabilità degli ultimi quattro anni) ma di tutti i sindaci che lo hanno preceduto, almeno andando indietro di una cinquantina di anni.

Eppure il Ponente e la Valpolcevera sono sempre stati la spina ambientale e sociale nel fianco della grande città: cantieri, acciaierie, raffinerie, depositi, containers, oleodotti, autostrada, ferrovia, ponti. Ci hanno messo tutto. Un po’ a Ponente e in Valpolcevera, un po’ in Valbisagno. Tutelata la città centrale, risanato parzialmente il centro storico, vallate e costa del Ponente, se si escludono la fascia protetta di Prà (hanno addirittura dovuto chiamarla “protetta”) e il lungomare di Pegli, sono quelle che erano trent’anni fa con la sola differenza che c’è l’autostrada più malandata d’Italia che striscia tra i palazzi o li scavalca con ponti ormai vetusti.

In Valpolcevera la puzza di combustibile resta. Andati via parte dei serbatoi, sono arrivati i centri commerciali. Ma restano i rivi imprigionati o sotterrati,che scoppiano alla prima forte pioggia. Resta tanto degrado anche sociale, non cambia un atteggiamento di indifferenza: scoppia un oleodotto? Vabbé intanto è in Valolcevera... In Valbisagno alle servitù (depositi, ponti, Volpara, cimitero, carcere, stadio ecc.) si aggiunge la colpevole assenza di una rete vera di trasporto pubblico, certo nei tempi di percorrenza. La gente della vallata è stata frastornata di balle: tram, trenini, people moover addirittura seggiovie.

Questo ultimo disastro del greggio riversato mette la politica di trent’anni davanti a un muro immenso di responsabilità. Ho sentito l’assessore Crivello ribadire: “Non faremo sconti alla Iplom”. Logico. Ma forse aggiungerei che è giunta l’ora di non fare più sconti alla politica e questa scelta la devono fare le decine di migliaia di persone che abitano questo grande “terzo” strategico e fragile di Genova.

Chiedano conto ora, subito, alla politica delle cose promesse e non fatte. Ora che sta per partire una campagna elettorale che dovrà cercare nuovi amministratori e strategie diverse, meno compromesse. I rammendi delle periferie che Renzo Piano auspica con passione, devono essere la base di partenza di un nuovo Patto per la città. Senza sconti a nessuno soprattutto senza inganni agli abitanti.

Ci facciano sapere il sindaco e la sua giunta, per esempio, se la Gronda è ancora nei progetti di Palazzo Tursi o no. Lo devono almeno agli abitanti di questa parte di città.