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Un partito che "viaggia come i treni della Liguria"
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Troppo tardi. Il Pd genovese (e ligure) viaggia come i treni della Liguria: con un anno di ritardo. Un anno fa (19 aprile) aveva avuto l’occasione di liberarsi dalla giunta Doria durante le ripetute sfiducie sul bilancio salvato grazie a coraggiosi astenuti e non lo ha fatto. Un anno fa avrebbe dovuto lavorare per l’individuazione di un candidato-sindaco unitario (unificati dalla bocciatura del sindaco di Genova) cui affidare una strategia e non lo ha fatto, criticando chi li sollecitava a dare un nome e un cognome con la ridicola frase: “Prima il programma”.

Un anno di ritardo per collezionare uno smacco dopo l’altro. L’ultimo in ordine di temo: la rinuncia di Luca Borzani a scendere in campo. Scelta talmente normale da fare paura. Mandare un nome “nobile” in una piazza di scalmanati per di più verso una possibile pesante sconfitta elettorale era un’idea da inetti della politica. Lui che è intelligente, verificato che il consenso unitario non esisteva perché lacerato da precedenti molto difficili da ricucire, ha risposto no. Pronto a collaborare, ma non da candidato sindaco.

Curioso che ci sia una folta platea di “pronti a collaborare, ma no grazie”. Dovrebbe far riflettere. Lella Paita in un’intervista a Primocanale ha dato una spiegazione molto illuminante: la società civile non ci sta più. Già, i tempi del grande professor Pericu che rinunciava a cospicui guadagni da avvocato per fare il sindaco di Genova sono finiti. Il dopo-Pericu è stato funzionariale: la Vincenzi per cinque anni, poi il marchese, uomo perbenissimo ma esitante e circondato da deboli figure.

Se dovessimo mettere in fila gli errori del Pd ligure e genovese dovremmo partire dagli ultimi anni della giunta regionale guidata da Burlando. Roba vecchia: scelte strategiche ammuffite e partitiche. Da una sanità con tesserati che non ha capito l’impossibilità di andare avanti senza una partnership con i grandi privati della salute che investivano in tutta Italia fuorché da noi, alla decretazione di un isolamento suicida. Poi le non scelte locali, una per tutta: la ritirata dal centro storico che è l’unica imperdibile risorsa della città, riconosciuta da tutto il mondo e che oggi è tornato al degrado di trent’anni fa!

Poi gli errori sulle candidature e le devastanti pre-candidature, cioè quelle scese in campo troppo in anticipo, poi la perdita di Savona pur avendo una ottima candidata mandata allo sbaraglio e sponsorizzata dagli sconfitti. Poi la responsabilità del governo di Genova. Che ahimé per loro, è tutta del Pd perché il grosso della giunta Doria è targato Pd e dintorni.

Allora un anno fa c’era l’occasione. Mollare il governo della città, aprire una profonda e sincera discussione generale con tutti, portare Genova a elezioni anticipate, non lasciarla macerare insieme alla spazzatura agli angoli delle strade, insieme alle aziende del trasporto pubblico, dell’igiene urbana, alla strategia del “non fare nulla”, del perdere persino la Fiera dell’appassire il progetto Waterfront di Piano (l’unico valido).

La città che dieci anni fa splendeva anche grazie ai milioni di lire/euro catapultati dai governi nazionali, ha ingranato la retromarcia insieme a una classe politica di terza fila e a una classe borghese pronta a lamentarsi, ma decisa a difendere soltanto i suoi orticelli e le secolari rendite di posizione a discapito del futuro dei giovani.

Tutti fuggiti a Milano e a Singapore. Ma possibile che nessuno se ne sia reso conto? Grazie professor Borzani e buon lavoro a Palazzo Ducale. Ora al Pd che il commissario David Ermini inviato speciale di Matteo Renzi ha contribuito a anestetizzare non restano che le primarie. Vinca il migliore.