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La crisi del Pd, le lotte per le candidature, le scommesse di Toti e Bucci. A settembre si giocherà la partita decisiva. E se Doria ritorna in Campo…
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Riuscirà Marco Bucci a affrontare e risolvere i grandi problemi di Genova? Chissà….qualcosa, però,  si muove. E’ il ritornello che canticchiano in questi giorni molti genovesi e non soltanto quelli che tradizionalmente votano nell’area di centro destra, ma anche parecchi che, soprattutto con l’avvento nazionale di Matteo Renzi, avevano spostato il loro consenso sul giovane leader del centro sinistra.

Riuscirà questo sindaco che parla un italiano misto all’inglese e ragiona dentro un macigno burocratico con mentalità manageriale a affrontare i titanici disastri che si chiamano: Amt, Spazzatura, Degrado, Abusivismo, Tubi dell’acqua colabrodo Burocrazia, Tasse e Gabelle, Fiera di Genova, Blueprint, Ilva e altro?

“Sono gli ultimi cinque anni che ci restano” mastica rognoso e pessimista un anziano commerciante di via San Vincenzo. Beh non esageriamo…“No, lo sono. O Genova coglie questa occasione o va tutto a ramengo.”.

Bucci, dunque, urla in ufficio, decide cose normali per i normali, come se si trovasse in un luogo normale, fa cazziatoni normali….Il problema è che Palazzo Tursi dopo trentasette anni di gestione Pci-Pds-Ds-Pd  con altri compagni di viaggio della Sinistra Litigante si trova in una condizione abbastanza ingessata. E le ingessature impediscono i liberi movimenti del corpo. Quindi Tursi è oggi un corpaccione immobile.

A complicare la situazione per il prode Bucci ci si metteranno le elezioni politiche nazionali che questa volta ci saranno per davvero, fra meno di sei mesi. In una situazione nazionale indecifrabile: fine dei partiti dei leader, rischio che nessuno vinca e soprattutto nessuno sia in grado di governare. Che significa che a settembre comincerà una caotica campagna elettorale, condizionata da tanti fattori: le alleanze nazionali, gli assetti interni dei partiti con le faide fra correnti e potentati sia a destra che a sinistra. Genova e la Liguria avranno da affrontare altre sotto-faide oltre quelle da ricaduta romana. Ci sono conti in sospeso locali, soprattutto dopo le sconfitte, mai “regolati”. I regolamenti rinviati del dopo Waterloo alle Regionali, del dopo Caporetto a Savona e del dopo Hiroshima a Genova.

Ma il vero dramma, per alcuni una tragedia greca, saranno le candidature.

All’ascolto di questa parola a Genova e in Liguria molti politici di mestiere provano un incontenibile tremore. Chi ce la farà farsi mettere in lista? E chi ce la farà a farsi eleggere viste le previsioni che, per quanto inattendibili possano essere confermano una cosa certa: i posti sicuri saranno pochissimi. Per esempio per la squadra del Pd che salvo miracoli (argomento ostico oggi) verrà ridotta assai nella sua compagine in viaggio per Montecitorio o Palazzo Madama. Gli unici sicuri potrebbero i capilista. Senza contare che a Renzi piacciono alcuni giovani amministratori poco consunti dal potere romano. E questi outsider scombinano i giochetti. Due nomi sono in fortissima ascesa in casa nostra: Enrico Ioculano, indipendente sindaco di Ventimiglia alle prese con i disastri governativi sui migranti e quello di Sori, il fumino Paolo Pezzana che si è dimesso dall’Anci, il potente club dei comuni italiani, dopo le sparate di Salvini.

 I NOMI NUOVI DEL PD - Renziani in lista? Sì, ma chi? Raffella Paita? Pare un nome sicuro. Andrea Orlando ci sarà come ministro e contendente la segreteria? E la ministra Roberta Pinotti sarà ancora sul fronte, elettorale s’intende? L’esercito preme? Squillan le trombe? E Rossetti con tutti i suoi conventi e volontari al seguito? E i macinatori di vere preferenze come il chirurgo voltrese Valter Ferrando non avranno da pretendere qualche cosa? Oppure spunteranno gli intellettuali come qualche illustre giovane docente di cui si sente parlare con parecchia insistenza in queste settimane? O qualche quarantenne dell’imprenditoria portuale in grande spolvero? E la cosiddetta sinistra storica del partito che cosa farà? L’Mdp per esempio. Per non parlare del misterioso Campo Progressista cioè del fiduciario di Giuliano Pisapia in suolo genovese.

Il nome del Prescelto, in quest’ ultimo caso pare sia in già fresco, appena appena sotto un sottile strato di riserbo. Si tratterrebbe dell’ex sindaco Marco Doria, che stando a alcuni suoi antichi supporter starebbe per scendere nel campo “progressista” fortemente voluto dall’ex sindaco di Milano.  Quando è venuto a Genova l’ultima volta, Pisapia ha ribadito che in ogni caso per Marco Doria ci sarebbero stati altri ruoli di primo piano. Il più concreto di questi parrebbe dunque una candidatura nel nuovo movimento che, con ogni probabilità, rilancerà nello Stivale anche l’antico professor Romano Prodi. Che a Genova, detto per non dimenticare, ha lasciato pessimi ricordi industriali soprattutto nella sinistra!

C’è fermento fra le truppe del No al referendum. Ma in generale l’aria è fiacca.

Nel centro destra la fortuna è bicefala e si chiama Toti-Bucci. Ma mentre Bucci per ora viaggia in autostrada, le zeppe che quotidianamente Silvio Berlusconi sistema sui red carpet di Toti potrebbero  complicare le ambizioni nazionali peraltro giustificate del Governatore.

La sparata su Maroni candidato leader o su altri che inventa in ogni fine settimana sono simpatici regalini che il Nonno di Arcore in vena di barzellette ha confezionato nella calura di Caronte proprio per due amici: Salvini e Toti. Utilissimo, quindi, per la falange ligure del centrodestra il ritiro spirituale alla Madonna della Guardia a chiedere consigli e benevola protezione.

E la sinistra-sinistra? Quella non fa paura a nessuno intanto si autoflagella nell’arena nazionale, settimana dopo settimana, e persino il buon Bersani che a Genova aveva ancora una base fidata e polposa comincia ad accorgersene.

Poi ci sono i Cinquestelle che tutti, ora, indicano in calo e che, invece, potrebbero avere la vera ripresa proprio alle politiche se il quadro nazionale andrà deteriorandosi per le magagne interne e esterne al Pd, per i reali interessi di Berlusconi e per gli sgambetti che Macron fa tous le jours al soporifero Gentiloni.

In questo quadro magmatico sul quale pesano questioni pericolosissime come la vicenda Migranti o quella del sistema Banche o l’ultima delle avanzate galliche si Fincantieri-Stx, anche la Liguria e la Genova bucciana si preparano.

E questa volta potrebbe essere il nuovo sindaco che restituisce il favore elettorale al collega Toti, affiancandolo nella battaglia per il di lui consolidamento romano.

GLI EMERGENTI DEL CENTRODESTRA - Ma totian-bucciani e leghisti chi proveranno a mandare nella Capitale?

L’onnipresente Biasotti, il pacifico Cassinelli o qualche giovane secondo il gradimento di Berlusconi? Magari un sindaco in carriera come Carlo Bagnasco che ha la fortuna di avere alle spalle un padre potente come Roberto.

Il quadro delle cose da fare comincia con le infrastrutture. Con Bucci non dovrebbe essere difficile mettere una marcia in avanti a Terzo Valico e Gronda, ma anche al resto. Poi il porto con l’appoggio al presidente Signorini, quindi la carta Blueprint , cercando finanziatori internazionali per un progetto che già si comprende sarà fortemente modificato: niente residenze, molta nautica, un po’ di riparazioni navali e la passeggiata tra Porto antico e Fiera magari per stendervi un nuovo red carpet.

Per il trasporto pubblico ci sarà da soffrire e tanto, come per lo smaltimento dei rifiuti. Bucci confida su joint venture con le regioni che gli sono politicamente vicine, la Lombardia in testa.

Quindi Erzelli con la grana di Ericsson e l’ipotesi di un colosso della sanità privata (Humanitas, anche se sembra che si stia allontanando dall’idea di sbarcare a Genova, o gruppo San Donato o gruppo Garofalo), lancio in grande stile del metro dimenticato, operazione immagine con mercatino dello scambio al coperto, Mercato di corso Sardegna, Mercato del pesce, voragine di San Martino.

Ma c’è anche molto altro, lo sappiamo.

Intanto Genova brucia e la Liguria dove va? C'era una volta l'autunno caldo, oggi quello che si prospetta sarà, invece, bollente, proprio perché la politica, quella che una volta Berlusconi avrebbe definito “politicante”, sarà impegnata, appunto, a districare le matasse delle candidature, delle scelte, del massacro di vecchie guardie obsolete, di pretendenti da ricacciare, di aspiranti da scoprire.

Sentiremo urlare spesso, non solo Bucci, contro le inefficienze del Molok comunale, ma anche quei pretendenti ai seggi della Camera e  del Senato urleranno , magari imitando il mitico Enzo Jannacci: “Vengo anche io! No tu no! Vengo anche io! No, tu no, ma perchè? Perchè no!!!!!!”.

LO SBLOCCO DEFINITIVO DI ERZELLI - Sarà un autunno caldo  soprattutto perchè vengono al pettine i nodi dello sviluppo o del non sviluppo genovese, quelli che non si sono sciolti negli ultimi anni di  non-decisioni o di decisioni rinviate all'infinito. Erzelli, come dicevamo, non può più restare quella collina anche affascinante sopra Sestri Ponente, sempre più vissuta da chi ci va a lavorare, ma irraggiungibile allo stesso modo e non identificabile per la sua prospettiva generale di grande parco dell'high tech, dell'industria del futuro, collegata alla ricerca universitaria e a quegli Archimedi-pitagorici dell' IIT, che vi hanno incominciato a traslocare, ma si ignora se e come finirà.

Se l'avranno vinta personaggi come la professorina- senatrice Elena Cattaneo, che ha dirottato i fondi di investimento da Genova-IIT, o Bucci che da quella collina è sceso per fare il sindaco o Stefano Cingolani che l'Istituto lo ha praticamente inventato...

In autunno cadono le foglie, e si tratta, quindi, di capire se la foglia di Erzelli svolazzerà via effettivamente, come le speranze del suo decollo o se finalmente l'Università dirà la parola finale al tormentone del suo trasferimento  da Albaro.

Lassù non ci sono molti alberi, anche se chi ha disegnato il parco verde in mezzo ai grattacieli di vetro e acciaio ha immaginato tanta vegetazione.  Il timore di vedere i viali del nuovo centro pieno di “foglie morte” e calpestate, come quelle speranze,  potrebbe essere smentito da un vero rilancio: high tech più Università più grandi aziende, non solo la oggi sanguinante Ericsson, più  un ospedale ultramoderno.

Ma il Comune di Bucci  dovrà rispondere subito alla domanda su come trasportare lassù i lavoratori degli Erzelli. Con la fantomatica ovovia in partenza dalla nuova stazione ferroviaria? Con un altro sistema da realizzare rapidamente, magari collegato alla metropolitana che i nuovi governanti immaginano arrivare anche là sotto, viaggiando in superficie? Chissà.

L'autunno sarà decisivo per quella fetta di città di Ponente che “gira” intorno all'insediamento high tech, ma anche al nuovo - si spera -  aeroporto, che aspetta il nuovo manager e il nuovo presidente per trovare un destino migliore del passato e del presente  con il contagocce dei voli e  l'inutile attesa del low cost e dei passeggeri delle crociere che si vanno a imbarcare non  a casa nostra, ma a Pisa, a Nizza, a Bergamo.

Anche Cornigliano aspetta l'autunno e le foglie che cadono come la stagione cruciale del suo destino, nel passaggio alla nuova proprietà del dopo Riva. Quell'area è il vero Eldorado di Genova, con l'affaccio al mare delle banchine siderurgiche e gli spazi fin'ora subordinati agli altiforni a caldo e a freddo che hanno condizionato la nostra storia recente, nel bene e nel male.

LA PARTITA DI CORNIGLIANO - Sbloccare Cornigliano-fabbrica e Cornigliano- città significa “marcare” un altro orizzonte, magari non più di caterve di container o di spazi perduti in ex retroporti o district park, di cui si sono riempiti la bocca generazioni di amministratori, politici ed esperti. Ma ora che c'è la strada del Papa, chiamata via Guido Rossa in funzione, una piccola cattedrale nel deserto delle infrastrutture cittadine, ora che i cantieri di Lungomare Canepa finalmente lavorano e che esiste un progetto approvato da Tursi per dare una dignità urbana al centro della delegazione, che cosa si aspetta a “incidere” veramente la parte di Ponente che ha pagato di più: l'interramento del mare, i fumi dell'acciaieria, il degrado ambientale, il distacco sociale?

Il cambio epocale a Tursi chiama a decisioni urgenti anche lì e tutto ruota intorno al passaggio dell'Ilva, la grande fabbrica con i posti di lavoro da salvare, ma anche con tutti gli alibi che cadono nel disegno futuro.

Bucci e i suoi avranno cinque anni decisivi per arrivare al fatidico 2021-2022 nel quale tutto dovrebbe compiersi, dall'inaugurazione del Terzo Valico, dove oggi lavorano sette cantieri e cinque talpe, alla conclusione dei lavori ultrastrascinati del Nodo ferroviario di Genova, al gran finale della copertura del Bisagno, che ci blocca un pezzo di città da un decennio, ma intanto non vorremmo che l'autunno caldo , tanto per restare sul tema delle Foglie Morte, la grande canzone con versi di Jacques Prevert_ li obbligasse a raccogliere  quelle, di foglie, cadute dalla speranza più immediata di collegamenti più veloci con Milano, Torino e Roma…

Siamo stanchi di treni “velocetti” per Milano, che rimane una linea Cajenna.  La nuova stagione deve portare finalmente quel treno diretto per Milano al quale uomini di buona volontà stanno lavorando duramente e in silenzio  per guadagnare minuti, quarti d'ora e mezze ore di viaggio andata e ritorno da quella capitale, della quale non siamo un sobborgo, ma un satellite-chiave.

SPUNTANO LE NUOVE GENERAZIONI? - Allora la nuova stagione, che si apre e culminerà in autunno e che non è quella che faceva da slogan al tempo della sventurata Marta Vincenzi, predecessora di Doria e Bucci, spazzata via da un processo per i morti da alluvione che l'ha colpita solitaria e troppo pesantemente e definitivamente, diventa veramente bollente. E non solo sui fronti dell'auspicato rinnovamento della politica e dell'amministrazione e dello sviluppo economico.

La vera svolta che si aspetta è nei rapporti, nelle relazioni dentro a questa città, la più vecchia d'Italia, d'Europa e forse del mondo, in calo demografico e occupazionale. E' come se tutto si fosse fermato e fossilizzato in un sistema autoreferenziale “a perdere”, in caduta permanente: di popolazione, di posti di lavoro, di aziende, perfino di “stato” della città degradata urbanisticamente, fragile nei suoi storici “caruggi”, ma anche nelle periferie, dove la presa di un potere centrale si è allentata e dove perfino un'immigrazione numericamente non travolgente, come in molte altre città italiane, è diventata spesso l'emergenza.

Un sindaco nuovo, una maggioranza di diversi colori è solo un tassello di un  mosaico complesso. Ma quel mosaico si può muovere. Non c'è solo Bucci di nuovo. C'è da qualche mese un nuovo presidente di Autorità Portuale, Paolo Emilio Signorini, un quarantenne non troppo genovesizzato, che è un vantaggio. Abbiamo un nuovo presidente di Confindustria Genova, Giovanni Mondini, grande famiglia e new generation e presto avremo, dopo il lunghissimo regno di Paolo Odone, un nuovo presidente della Camera di Commercio con dna imprenditoriale. Se tutti questi tra loro e con gli altri incominciassero a rapportarsi con uno spirito nuovo e costruttivo, magari partendo dalla relazione essenziale tra porto e città, forse vedremmo molte meno “feuilles mortes”. Certo quella canzone è bellissima e dolce, struggente, ma segna sempre un declino. Quello che a Genova è evidente, ma che bisogna fermare, urlando come fa Bucci, “u sindacu c'u cria”, ma lavorando sodo, come sembra che si è incominciato a fare.