cronaca

A 14 anni guadagnava 900 mila lire al giorno poi la conversione
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Jeans, t shirt, barba, occhi che sembrano avere sempre una patina di malinconia anche quando racconta la sua rinascita, il suo essere felice, occhi che non ti mollano, ti afferrano e ti portano là nel cuore di Scampia, le famose, famigerate Vele, occhi che hanno visto, che vedono, che sono stati occhi di un bambino “con le ali bruciate”.

Un 14enne che guadagnava 900 mila lire al giorno, che incassava 30 milioni al mese a 14 anni "vendendo la morte". Occhi di un ex pusher-bambino in carriera. Occhi che erano l’ombra del boss Vincenzo Di Lauro. Occhi nei quali il capoclan Paolo intravedeva un grande futuro.  Occhi che parlano di speranza, riscatto, di vita.

Sorride trattenendosi un po’ quando con una battuta dice "parlo un po’ italiano perché sono stato al Nord", quando racconta di come stia “cercando di fare piccole cose provando a stare in un territorio fragile, per cercare di dare una direzione giusta a chi ha preso quella sbagliata”. Racconta dell’ agguato subito e poi la voce rallenta, quasi facesse ancora troppo male rimmergersi nel buio, nel carcere di Poggioreale.

Quasi si ferma, prende fiato si porta le mani alle orecchie mimando quello che faceva in quella cella dove erano in 25 per non sentire le grida di chi venina picchiato e in quegli occhi verdi si vede l’orrore. Ma in quegli occhi si legge anche la forza, l’orgoglio quando dice "bisogna creare l’antimafia del noi perché le mafie hanno tremendamente paura quando le persone si mettono insieme, le mafie hanno più paura di una scuola che di un giudice”.

Lui è Davide Cerullo, 42 anni, ex bambino pusher delle Vele di Scampia che da grande sognava di fare il camorrista. Questa è la sua storia che mi ha raccontato con semplicità “perché anche se si sbaglia nessuno è  irrecuperabile”.

Lei è un ex bambino pusher di Scampia e lì ora con la sua famiglia è tornato a vivere. Racconta la storia di quei tanti bambini delle Vele proprio come lei. Una storia di speranza soprattutto. Com’era la sua vita di bambino a Scampia?

Io ci tengo a precisare una cosa, oggi Scampia è diventato un posto leggendario, è scoppiata l’ emergenza e tutti accorrono. Prima addirittura qualcuno negava di essere di Scampia ora c’è quasi un vanto a dire di essere di Scampia. Io ho commesso dei reati, è vero , non ho avuto la possibilità di essere un bambino ma non perché sono nato a Scampia. Ho potuto commettere dei reati perchè sono mancati gli strumenti necessari per difenderti, di crescere e di poter  avere la meglio sulle realtà più negative che sia la camorra, le mafie, i poteri forti perché io sono convinto che dentro di noi c’è un elemento di forza che nessun potere può uccidere e che è la forza sanitaria della parola e quindi quando arriviamo a far ri-respirare questa forza rendiamo libera la libertà quindi come fai a non essere felice? Come fai a permettere alle mafie, alla camorra di schiacciarti, di avere la meglio? Non puoi, non possono perché la vita è una cosa seria, una cosa meravigliosa. Io posso dire di essere stato riesumato dalla parola, e questa prima parola è stata quella del Vangelo. Scampia è un quartiere fragile ma non perché c’è la camorra, non solo perché c’è la camorra ma perché non c’è lo Stato. Io pensavo che fosse un alibi che si creava la gente del posto invece è vero non c’è lo Stato. E più della camorra fa paura l’antimafia quelli che dicono di combattere la mafia. C’è una burocrazia che permette l’infiltrazione mafiosa, che permette la crescita di queste organizzazioni. Il problema vero non è la camorra ma credere nella possibilità di un cambiamento, e lo Stato non ci crede e per fortuna a Scampia ci sono tante realtà, persone di una non comune umanità che invece il cambiamento lo creano, ci sono delle scintille di umanità e resistenza che a Scampia fanno la differenza.

Era un pusher, racconta in uno dei suoi libri, che in un giorno guadagnava quello che poi per anni avrebbe guadagnato in un mese facendo il camionista, aveva le tasche piene di soldi ma non aveva amici veri era una vita-non vita.

A 14 anni quando mi sono ritrovato, in maniera naturale ed è questo che fa paura, arruolato nella malavita organizzata non ero soltanto un semplice pusher che vendeva la morte ma già sentivo prepotentemente dentro di me la voglia di diventare un camorrista. La camorra era la mia ragione di vita, la mia famiglia. Io il primo "bravo" l’ho ricevuto dal boss di turno e ho creduto in quel bravo, sono andato avanti, mi sono sentito gratificato, abbracciato, allattato dalla malavita organizzata e guadagnavo 900 mila lire al giorno, incassavo 30 milioni di lire al mese a 14 anni. Cosa dovrebbe fare un ragazzino a 14 anni? Andare a scuola, avere la possibilità di una vita riuscita. Una comunità che non si preoccupa ma che si occupa di lui venendo a mancare la scuola, l’ istruzione che è il più grande atto di democrazia e di libertà, venendo a mancare la famiglia, i valori, si è schiavi della propria ignoranza, della camorra.

Davide lei è stato anche in carcere e lì un giorno è successo qualcosa, merito di una "bibbia mutilata"…

Erri De Luca ha detto che io “sono un tizzone scappato a un incendio e succede ai legni che si battono contro il fuoco”. Io sono stato un po' così, sono passato attraverso il fuoco, a 17 anni sono finito in ospedale con le gambe bucate perché mi hanno fatto un agguato e sono diventato peggio di come ero perché avevo visto in faccia chi mi aveva sparato e li volevo uccidere e quindi mi sono comprato le armi. La polizia non riusciva a prendermi, dopo 40 giorni di ospedale sono uscito ho messo la gamba nella vasca da bagno, ho tagliato il  gesso e sono tornato nella vitaccia di sempre e la polizia non riusciva a prendermi così hanno aspettato che diventassi maggiorenne e a 18 anni e un giorno mi hanno arrestato e mi hanno portato nel carcere di Poggioreale dove ricordo che stringevo le mani sulle orecchie per non sentire le urla dei ragazzi che venivano presi a botte nelle celle di punizione, la cella di punizione si chiamava 0. In quella cella, stanza 31 padiglione Avellino, eravamo 25 persone. Persone perché i carcerati sono persone che hanno commesso dei reati anche terribili ma sono persone. Tornato dall’ora d’aria sulla mia branda c’era un Vangelo e io mi vergognavo di salire sulla mia branda perché prendere in mano il Vangelo era segno di debolezza perché nella malavita devi essere spietato, freddo e invece per una volta ho voluto pensare con la mia testa, sono salito, ho preso in mano quel libricino, l’ho sfogliato e negli Atti degli Apostoli ho trovato scritto per tre volte il mio nome Davide, Davide , Davide e compio un furto: strappo queste pagine...Credo che Gesù sia la libertà dell’uomo, sia il più grande rivoluzionario della storia, una figura meravigliosa, vincente, forte, adorabile, concreta. Leggere il mio nome per un attimo mi ha fatto pensare che anche io potevo fare parte di una storia di libertà. Poi sono uscito non sono cambiato subito, ma non sono cambiato neanche oggi, sto cambiando e credo che non basti una vita ma posso dire di essere felice.

Lei è tornato a Scampia, è sposato e ha due figli. Don Ciotti dice "nessuno è irrecuperabile" questa è la sua missione, questo è il messaggio che vuole dare?

Non credo di avere una missione, credo che la vita sia un opportunità e che non possiamo permetterci di perderla o sprecarla. Triste vedere tante persone soprattutto giovani che passano il loro tempo aspettando che il tempo passi ma ci sono anche molti adulti che ancora non hanno capito che la vita è una cosa seria. Gli irrecuperabili non esistono sono la creazione della nostra cattiva volontà ma è vero che potrebbero anche esistere e quindi dobbiamo metterci a lavorare e fare sul serio perchè la pace non è una bandiera, uno slogan ma un cuore impegnato.

Cita in un suo libro una frase di Fabrizio de Andrè...

Fabrizio de André grande poeta dice pensando che la bellezza, i valori, le cose forti della vita abitano proprio i quartieri degli ultimi e degli esclusi, abita a Scampia e dice che “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori” e questo è proprio vero. Io stavo morendo in quel posto ma proprio da quel posto sono riemerso, sono venuto fuori e questo è potuto accadere perché ho incontrato le persone giuste. Io credo che il più grande investimento che si possa fare nella vita sia quello di investire in relazioni perché le relazioni cambiamo il cuore delle persone.