economia

Il commento
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Il fascino del Blue Print più forte della suggestione Erzelli. E così il gruppo Rina-D'Appolonia prenota uno spazio nel Porto Antico sposato alla Fiera di Genova, con tanti saluti al villaggio tecnologico. Per il progetto su cui si continuano a siglare tanti inutili accordi fra Università, Regione e Ght, la botta d'immagine è terrificante. Perché D'Appolonia è un'azienda tecnologica leader a livello internazionale ed è difficile immaginare che la città in cui ha sede possa giocarsi la grande scommessa di un parco hi-tech rinunciando a questo fiore all'occhiello.


Sia chiaro, contratti non ne esistono ancora e firme neppure. Ma la decisione sembra proprio presa, sebbene Maria Silva - richiamata a dirigere Ght nel tentativo di rimettere in sesto la baracca - confidi di trascinare a un tavolo D'Appolonia e soprattutto la sua controllante Rina, guidata da Ugo Salerno, per provare a dirottarli a Erzelli.

Il caso è emblematico e rivela un altro tallone d'Achille dell'intera operazione: non c'è alcuna idea su quali e quante aziende potranno davvero prendere casa nel villaggio hi-tech. Che si tratti di società genovesi o provenienti da fuori città, le quali dovrebbero poi essere la maggioranza e il vero valore aggiunto.

Invece niente. Confindustria Genova pubblicamente si esercita a spingere Erzelli, ma nelle riunioni riservate non lesina critiche. Il punto dolente è l'assenza di un piano che spieghi nel dettaglio alle aziende potenzialmente interessate quali siano i vantaggi di andare a impiantarsi a Erzelli.

La lacuna è evidente, ma non così immotivata: chi può, oggi, dare garanzie reali sul fatto che il villaggio sarà davvero raggiungibile in modo rapido ed efficace, posto che le infrastrutture - a parte la nuova strada a mare - sono tutte da realizzare e al massimo a livello di bozze?

Quella logistica è la principale criticità, ma non la sola. C'è una rete di rapporti da (ri)costruire se si ascoltano le voci dal sen sfuggite di alcuni imprenditori del ramo tecnologico. Primo: "I prezzi richiesti a Erzelli in questo momento sono fuori mercato". Secondo: "Fra gli imprenditori genovesi è difficile affrontare l'argomento, considerando che alle aziende locali finora non è stato affidato lo straccio di un appalto".

Le difficoltà finanziarie di Ght sono note, ci sta che cerchi di recuperare risorse. E ci sta anche che si venda con Banca Carige il recente, ennesimo accordo con Regione e Università per ristrutturare il debito da 250 milioni contratto con il maggiore istituto ligure. Il quale, ovviamente, non ha dubbi tra rischiare di dover portare a perdita la cifra e un'intesa che possa mettere in sicurezza la somma.

Proprio la sofferenza del gruppo bancario sul versante Erzelli, nei giorni scorsi ha spinto alcuni esponenti genovesi a contattare Vittorio Malacalza, primo azionista di Carige. Il senso del discorso è stato semplice: lei ha delle aziende tecnologiche, dia un segnale annunciando che le porterà nel nuovo villaggio hi-tech.

Non è dato sapere se la richiesta di aiuto si sia spinta fino a immaginare un coinvolgimento del gruppo genovese anche in termini finanziari e/o di opere al servizio del progetto complessivo. E altrettanto ignota è la risposta dei Malacalza. Dei quali, tuttavia, è conosciuta l'opinione originaria su Erzelli, battezzata come un'operazione nata male e portata avanti peggio.

Certo, oggi che il gruppo è fortemente impegnato su Carige e vista l'esposizione della banca, è logico che la famiglia faccia il tifo affinché il villaggio hi-tech riesca a nascere. Nonostante tutto. Ma il problema è quel nonostante.