cronaca

I due hanno subito raggiunto le proprie case
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La notte nel proprio letto, il pranzo in famiglia, il caffè in salotto con la mamma e il papà, la cornice festosa degli amici e dei parenti. Dopo cinque anni di prigione in India e l'annullamento della condanna da parte della Corte Suprema, Elisabetta Boncompagni, 41 anni, e Tomaso Bruno, 32, hanno riassaporato la gioia di essere liberi tra i propri cari. Rientrati in Italia dopo il lungo viaggio da New Delhi, i due hanno subito raggiunto le proprie case, a Torino Elisabetta, ad Albenga Tomaso.

I due erano partiti da Londra all'inizio del 2010 per un viaggio insieme a Francesco Montis, compagno di Elisabetta. La notte del 4 febbraio l'uomo si sentì male in un albergo di Varanasi. Gli amici lo portarono subito all'ospedale, ma l'uomo morì poco dopo. Tomaso, che all'epoca aveva 27 anni, e Elisabetta, 36 anni, vennero arrestati con l'accusa di omicidio. Le prove nei loro confronti, lacunose secondo la difesa, furono comunque sufficienti per la giustizia indiana per condannarli all'ergastolo.

La Corte Suprema di New Delhi il 20 gennaio scorso ha annullato la condanna. "Erano cinque anni che aspettavano questo momento. Siamo felici. Abbiamo trovato Elisabetta benissimo, reattiva, sinceramente non credevo che l'avremmo trovata così, temevamo si fosse deperita. Ringraziamo tutti coloro che ci hanno aiutati. Ora chiediamo solo un po' di privacy" ha aggiunto il padre di Elisabetta.

Ad Albenga sorride anche Tomaso Bruno. Subito una parola per i marò: "Spero che anche la loro complessa vicenda si possa risolvere presto". Poi, fino all'alba la festa con gli amici e la famiglia nella casa di via Trieste, a pochi passi dal centro storico del borgo. "Svegliarsi nel letto della mia camera di casa è stata una sensazione stranissima: finalmente ho dormito su un materasso e circondato dall'affetto della mia famiglia e degli amici, che hanno dormito qui".

Tomaso ha raccontato l' esperienza nel penitenziario di Varanasi. "Il letto erano delle coperte buttate per terra. Mi alzavo alle 5, facevo conversazione e giocavo a cricket con gli altri detenuti. Con Elisabetta mi incontravo il sabato". Tomaso era in una cella grande. "In realtà era una grande camerata dove vivevo insieme ad altri 130 detenuti: c'erano rapinatori, assassini, ladri, truffatori. Mi hanno rispettato tutti come io rispettavo loro. Ho sofferto tantissimo, ma sapevo che alla fine la verità sarebbe venuta a galla".

'Tommy', come lo chiama la sorella Camilla, felice, tornerà in India. "Tutto sommato laggiù ho lasciato delle persone care: l'ambasciatore Mancini arriverà in Italia, ma in India ci sono Zolli e i collaboratori del Centro risorse indiane persone a me tanto care". Tommy ha imparato l'hindi. "E' una lingua difficile e complessa, ma ho imparato a comunicare quanto bastava per farmi capire dagli altri detenuti e dalle altre guardie carcerarie".