cronaca

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 "Era la cosa che desideravo di più. Per mia moglie. Lo ha insegnato tutta la vita". Il signore sorride mentre il pianoforte scende dal palazzo, sotto lo strappo del ponte maledetto. Scende il pianoforte con la sua vecchia cassa, con i tasti, i diesis e i bemolle. Lentamente viene calato giù sotto lo sguardo accorato della proprietaria. Porta melodie, porta accordi e arpeggi, porta tanti esercizi ripetitivi delle mani, i noiosissimi esercizi di Clementi, le difficoltà di Czerny. Porta anche il tocco delle dita degli allievi della signora maestra che ha dedicato la sua vita a insegnare musica scivolando con le sue mani sulla bella tastiera.


Ce l’ha fatta anche il pianoforte con il pentagramma di una vita di passione e attenzione.  Questa operazione è il risultato più soddisfacente e appagante nelle complesse operazioni del dopo- crollo. Ridare i ricordi a centinaia di persone.
Poi dopo il piano toccherà al cappotto invernale, a qualche paio di guanti, a una sciarpa. Toccherà alla fotografia del viaggio di nozze, in piazza San Marco o davanti a San Pietro, o sull’aia di una bella cascina tra gli amici con i bicchieri alzati.


Toccherà alla piccola lavagna sulla quale un figlio ha scritto “aiuola” , al trenino elettrico imballato in una scatola, a qualche pentola, a un servizio di piatti. Toccherà all’orologio del nonno, grosso e antiquato e a qualche libro.
Le vite scendono sotto il maledetto ponte , lentamente, sfiorano i pilastri del moncone che sta lì come un agghiacciante trampolino sulla Valpolcevera.
E’ possibile risarcire la memoria? Quanto vale una foto di classe? O un abito da sposa o un triciclo dimenticato?
Poi finalmente il pianoforte col pentagramma di tante storie tocca terra. Ricomincerà a suonare.