salute e medicina

Il miracolo è arrivato. C’è molto da perfezionare ma la strada è tracciata
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Per comprendere la dimensione scientifica, sociale e anche la percezione di quello che si può oggi fare con la manipolazione del genoma, di cui la terapia genica è un derivato applicativo, occorre tornare al momento in cui divenne chiaro che molte malattie erano causate da mancanze-malfunzionamenti-alterazioni dei nostri geni.


Fu solo allora che ci si rese conto che portiamo dentro di noi anomalie che non ci recano danni ma che le possiamo trasmetterle ai nostri figli; nei quali la malattia si manifesta se nel nostro partner è presente lo stesso difetto genico. Quanti padri e madri – dopo che il medico aveva loro spiegato che la malattia del loro figlio era causata da un difetto di un gene avranno pensato: cosa si potrebbe fare per “aggiustare” quel difetto ? Ci vorrebbe un miracolo.

Il miracolo è arrivato. C’è molto da perfezionare, ma la strada è tracciata.
Con la terapia genica, per alcune immunodeficienze e molte altre malattie monogeniche si è ottenuta la completa guarigione. Cosa vuol dire monogenico? Vuol dire che “basta” correggere un gene per ottenere la guarigione. Con vettori derivati da virus siamo in grado di “inserire” nuovi geni nel DNA di un soggetto. Occorre precisare che un gene può e deve essere funzionante a seconda delle esigenze della cellula e dell’organismo intero; questo avviene tramite geni che controllano altri geni.

Per capire bene la complessità della terapia genica prendiamo ora ad esempio la beta talassemia; una malattia molto diffusa nel mondo e caratterizzata da un’ insufficiente produzione di beta globina che è un componente dell’emoglobina. Il vettore, che porta in gene che noi vogliamo inserire, entra nella cellula e, con un meccanismo un po’ complesso, consente al gene normale di inserirsi nel DNA; senza però togliere quello difettoso; “inserire” non vuol dire “sostituire”.

Come si realizza tutto questo: si selezionano le cellule staminali dal midollo osseo e in esse si esegue il trasferimento (transfezione) del gene d’ interesse; in questo caso il complesso genico che consente di produrre la catena beta della emoglobina nei progenitore dei globuli rossi. Perché si parla di complesso genico ? perché si è riusciti a inserire tutti il complesso genico che fa produrre la beta globina in sintonia con gli stimoli che normalmente ne regolano la produzione.

Più in generale, il fatto che i vettori retro-virali inseriscano i geni “a caso” nel DNA, può creare un altro problema: se il gene va a posizionarsi vicino ad un gene che non deve funzionare nella vita adulta perché, per esempio, ha una funzione solo nello sviluppo embrionale e se il gene è attivato da un interruttore sempre acceso, ci possono essere anche sviluppi di patologie molto gravi.

Ma la terapia genica non coregge solo difetti “congeniti”. Essa consente di ingegnerizzare i nostri linfociti contro i tumori. Si possono oggi costruire “artificialmente” linfociti che “riconoscono” cellule tumorali e sono capaci di eliminarle. Sul New England Journal of Medicine (una delle riviste scientifiche più importanti) del 1 Febbraio 2018 ci sono due articoli che riportano circa 130 casi di leucemia acuta refrattaria ad ogni terapia trattati con linfociti ingegnerizzati (chiamati: chimeric antigen receptor T) e con una sopravvivenza a più di tre anni maggiore del 40%. Un risultato straordinario trattandosi di pazienti con aspettativa di vita di non più di qualche mese.

Il mondo della ricerca corre veloce. I difetti citati circa il posizionamento dei geni ”a caso” nel DNA potranno essere superati. Infatti, è da un paio di anni disponibile una tecnica che fa a meno dei vettori di derivazione virale ed è in grado di posizionare il gene “sano” – o il gene con cui vogliamo ingegnerizzare la nostra cellula – esattamente dove “deve andare” e togliere quello alterato. Un’operazione di chirurgia di precisione del DNA che ci consentirà di cambiare il genoma come desideriamo. Nel linguaggio scientifico si dice “editare il DNA”. Siamo quindi alla viglia di una nuova era che apre speranze straordinarie d’intervento in ogni tipo di malattia. E, forse, di allungare significativamente la durata della vita ritardando l’invecchiamento. Dovremmo anche cominciare a pensare fino a che punto, e in quali contesti, debba o possa essere consentito editare il DNA.

Francesco Frassoni, Direttore, Dipartimento Laboratori di Ricerca e Laboratorio Cellule Staminali e Terapie Cellulari Istituto Giannina Gaslini