politica

In vista delle elezioni comunali di Genova
2 minuti e 54 secondi di lettura
Non aspettiamoci che Marco Doria, appena rientrato dal suo viaggio in Cina, così tempestivo rispetto alle sue pronunce dopo l'esito referendario, sciolga ogni indugio e dica quel che tutti aspettano da tempo: mi ricandido o non mi ricandido.


Non lo farà, perchè non conviene a lui e non conviene paradossalmente neppure ai suoi alleati in agguato del Pd. Se annunciasse la sua candidatura o la sua ritirata si accenderebbe una vera canea. Se il sindaco marchese annunciasse, come cadeau di Natale, che intende tentare il bis, il Pd sarebbe costretto subito a armarsi e a partire, immaginando di sfidarlo con le Primarie. Oppure dovrebbe tirare fuori dal sacco, in cui fruga inutilmente da mesi e mesi, un nome tanto forte da spazzare il bis, oppure terza ipotesi, visto il complicato quadro nazionale postreferendario, potrebbe considerare che, in fondo, questo Doria non è poi così male. Ipotesi difficile, ma che non pochi, soprattutto sui versanti della sinistra Pd e oltre (vedasi Cofferati&co) accarezzano.


Se Doria facesse il passo indietro e annunciasse la sua intenzione di rientrare tra i ranghi, tornando alla sua passione (e alla cattedra nuova di zecca e di concorso) di prof associato, la canea si scatenerebbe lo stesso perchè le decisioni e le mosse e le strategie e le intenzioni del Pd sono a ground zero. In campo aperto, cioè senza Doria in lizza, ma in una posizione defilata, secondaria, magari da “federatore” a sinistra, oppure terziaria, cioè proprio fuori dalla partita, i democratici dovrebbero costruire non solo una candidatura, ma una piattaforma elettorale vera e propria. E fino a oggi non si sono viste mosse in quella direzione: solo le uscite a raffica di Regazzoni, qualche svolazzante pseudo candidatura, smentita sul nascere o lasciata a bollire senza neppure occuparsi se il fuoco era realmente acceso, come quella di Luca Borzani (che continua a negare). 


Qualcuno cerca il famoso “papa straniero”, cioè il candidato esterno al Pd, catturato dalla società civile, ma risulta che i tentativi, almeno due o tre, hanno ricevuto secche risposte negative.


Allora ecco perchè la tanto attesa mossa di Doria non arriverà subito, con buona pace di chi ritiene la sua decisione un passo urgente e necessario. Al sindaco uscente, e chissà se rientrante, è più utile aspettare che si configuri una situazione chiara del campo di battaglia. Ci vuole qualche mossa del Pd in direzione delle elezioni che non sia solo quella di esprimersi sollecitandolo o giudicando gli esiti della sua sindacatura.


Forse ci vuole il tanto atteso congresso regionale, che dia un vertice non provvisorio e commissariale, ci vuole magari un confronto un po' più serio sui contenuti di una battaglia per Genova, ora che le carte si sono abbondantemente mescolate con l'esito del 4 dicembre.


Nulla è più come prima e si profila anche uno scenario da election day, quello profilato dal senatore Maurizio Rossi, del quale tenere conto. Vuol dire, tempi più lunghi, diversi scontri e confronti tra le forze politiche, e ricerca di candidati che non si limiterebbe solo al sindaco e al consiglio comunale, ma anche ai futuri candidati deputati e senatori. Roba da far tremare le vene e i polsi agli apparati non solo democratici.


Insomma genovesi, se aspettate il verbo di Doria subito, caldo caldo e in salsa cinese, magari sotto l'albero di Natale e nel camino della Befana, dovete ancora aspettare. Salvo smentite, ovviamente.