politica

Il convegno
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A dieci anni dalla morte si ricorda a Genova con un convegno la figura di don Baget Bozzo, sacerdote, politico, democristiano, socialista craxiano, berlusconiano, già giovane partigiano, una delle figure più intense dalla Resistenza fino al 2009 della sua scomparsa.


In una città oggi così avara di personaggi che “staccano”, di figure capaci di parlare all'orecchio dei “potenti” fino a condizionarli e di restare al centro di grandi dibattiti anche polemici, fosse nella politica della Prima e della Seconda Repubblica dei Craxi e dei Berlusconi, fosse nella Chiesa diversa di grandi papi come Pio XII, Giovanni XXIII, Woytjla, Ratzinger, di cardinali come il suo “principe”, Giuseppe Siri, ma poi Tettamanzi, Bertone, fino a Angelo Bagnasco, Baget è stato un colosso. O un'eccezione che non si ripete.
Lo ricordano a Palazzo Ducale nella Sala del Munizioniere, lunedì 6 con un titolo secco: “Don Gianni Baget Bozzo , tra mistica e politica”. E ci saranno appunto mistici, teologi come Amicone, Rosolini, Simonetti a narrarlo e politici come Bruno Orsini, Stefania Craxi, la figlia di Bettino, a rievocarne il percorso più terreno.


Ma qui è importante sottolineare che don Baget, che si incantava pregando la Madonna e correva a fare l'eurodeputato nel Sud Italia, ammaliato dal socialismo riformista di Craxi, meritandosi i fulmini del suo maestro, cardinal Siri, che lo sospendeva “ a divinis”, è stato anche un personaggio della cronaca e della storia genovese, con larga influenza e capacità di discussione nelle vicende della nostra città, nei difficili anni della sua grande crisi, della sua trasformazione, della sua sofferenza, della sua mutazione.
Se da ragazzo imberbe era salito a Granarolo, alla vigilia del 25 aprile 1945, a occupare la radio dalla quale Paolo Emilio Taviani avrebbe annunciato la Liberazione di Genova, poi la sua vita era presto passata più allo studio, alla meditazione che all'azione, fino alla vocazione sacerdotale, più che matura. E quando Siri lo unse sacerdote, nella cattedrale di san Lorenzo, quel giorno in chiesa c'erano personaggi come La Pira, Dossetti. Aveva già 42 anni e una carriera da democristiano pentito alle spalle. Era pronto per la mistica e gli incarichi a fianco di Siri, allora campione dell'ala conservatrice della Chiesa, suo “padre” per tanti aspetti, ma non fino al punto di perdonare la seconda sua conversione alla politica tout court, dopo il travagliato passaggio attraverso il “tambronismo”, l'ala conservatrice della Dc, avversa alle future aperture al Psi di Nenni.


Era inquieto don Gianni, ma facondo, profondo, umorale, analitico anche nello stagno genovese, dove ha sempre continuato a vivere, dopo gli anni romani di studio e meditazione, in quella grande casa di Carignano, di fonte alla chiesa del sacro Cuore, dove celebrava (fino a che glielo hanno concesso e poi nel finale della sua vita, dopo il perdono ecclesiastico) che era come un punto di arrivo per tutti i naviganti che volevano capire cosa succedesse a Genova.
Intendiamo la Genova terrena, della politica, dei socialisti, il suo partito, dei Magnani, dei Meoli, dei Fossa, che governavano tutto e cui si divertiva a fare perfino il verso. Era come una bussola con la tonaca nera, prima con i suoi pezzi su “Repubblica”, quando Scalfari glieli aveva chiesti, poi su tutt'altra sponda giornalistica, quando il suo craxismo-berlusconismo era diventato come una bandiera ideologica, la più acuta, davanti alla quale i leader nazionali si inchinavano, chiedendo lumi e suggerimenti.


Quale Baget ha prevalso, quello mistico che pregava rapito Maria o quello politico che saliva sui palchi dei comizi craxiani e berlusconiani?
Il convegno non cerca di risolvere questa apparente antinomia. Baget Bozzo era unico nella sua complessità e te lo spiegava bene con quel suo modo irruente e trascinante di esporre le sue tesi, dall'alto di una cultura sterminata e da una capacità di osservazione cui nulla sfuggiva dell'intero mondo dogmatico-politico.
Siri lo definiva l'”altoparlante della biblioteca di Lipsia” per riassumere la sua capacità di conoscenza dei testi e delle tesi più importanti e non solo nella storia della Chiesa. Certo molto più modestamente si può dire che Baget è stato una voce forte, che si levava da Genova e che illuminava e illustrava per chi era allineato con le sue tesi e anche per i suoi avversari, che non erano pochi e neppure tanto lontani dalle sue origini. Ma che rispettavano una intelligenza che oggi manca anche alla città terrena, non solo a quella degli altari.