cronaca

Spicchi d'aglio
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Mancano dodici mesi alla scelta del sindaco che governerà Genova per i prossimi cinque anni e alla giunta che dovrà navigare in un mare che o sarà tempestoso, non solo per cause locali, o al peggio piatto. Uno stagno.

Dodici mesi importantissimi, strategici che non vanno considerati il momento finale di un periodo. Se si lasceranno andare le cose stando seduti sulle rive del fiume, magari ad aspettare chissà che cosa, la nostra città avrà enormi difficoltà nel tentare di risollevarsi.

Quindi l'augurio da genovese è che ci siano ancora persone che hanno voglia di fare, proporre, discutere.

I temi sono tantissimi. Basta girare nei quartieri, chiedere alla gente, ascoltare i municipi. Ogni pezzo di città vive sulla sua pelle la crisi, il degrado, la mancanza di lavoro, l'assenza di prospettive per i proprio figli.

Se staremo in silenzio, pronti a fare l'unico gesto di allargare le braccia, se ci faremo prendere dalla rassegnazione, i prossimi cinque anni segneranno l'agonia di Genova.

Sono stufo di sentirmi rispondere che Genova è morta. Non abbiamo bisogno di uccellacci del malaugurio che volano lenti e grifagni sui tetti delle nostre case.

Attendiamo da Ponente a Levante, dalle vallate, dal centro storico, le proposte da mettere pubblicamente in discussione.

Qualcuno in città deve aprire un confronto. Se non lo faranno i partiti, troppo occupati a logorarsi tra faide e sgambetti, proveremo a farlo noi, in televisione, sul sito, con nuovi spazi di dibattito e di opinione. Se ce lo lasceranno fare.

Quello che sta accadendo in queste ore da il segno che c'è un gruppo infastidito da noi, che aveva già predisposto il suo programma, soggetti che sono abituati a galleggiare nello stagno delle convenienze, dei trasformismi, legati tra di loro da abitudini politiche ormai desuete.

Volti che hanno poggiato le chiappe un anno fa da una parte, a sinistra e oggi traslocano i loro sederi sulle poltroncine della destra, al comodo grido di "ma dobbiamo devono lavorare con tutti" . Ci mancherebbe, basta che lavorino davvero, che diano lavoro, creino occupazione e sviluppo. Che pensino alla città, come è avvenuto nel passato di Genova.

Altrimenti la filosofia del "teniamo famiglia" non può più trovare nuovi spazi quando la barca sta affondando.

Genova rimpicciolisce, lo ha sottolineato il cardinale con una frase drammatica "inverno demografico". Più piccola d'accordo, ma almeno con una testa pensante ancora forte.