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La candidata Pd ritratta in foto con il prestanome del boss Gullace
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"Devo dire con tutta franchezza che non considero per nulla concluse queste primarie. Non riconosco i risultati. Ci sono moltissime segnalazioni di irregolarità". Le prime dichiarazioni rilasciate da Sergio Cofferati dopo la diffusione dei risultati delle Primarie dello scorso 11 gennaio hanno assunto un valore superire a quello che forse lo stesso ex leader della Cgil aveva dato loro. Negli ultimi due mesi Raffaella Paita ha dovuto giornalmente fare i conti con gli strascichi del voto che l'ha incoronata candidata presidente. La coda delle Primarie è stata infatti contraddistinta da veleni e sviluppi giudiziari, anche legati alla malavita. Ripercorriamo la vicenda.

Il primo a denunciare al partito "possibili infiltrazioni malavitose", è stato Walter Repetti, presidente del seggio genovese di Certosa, che è stato anch ascoltato dalle forze dell'ordine. Nelle ore successive al voto, il giovane presidente di seggio raccontò al Secolo XIX di essersi visto arrivare intorno alle 10.30 di domenica 11 gennaioun gruppo, composto da circa quaranta persone. Erano “spaesati, non sapevano nemmeno cosa fossero le primarie”, ha dichiarato Repetti. “Mi hanno chiesto: “È qui che si paga?”. Ho cercato di spiegare loro che c’era un contributo per gli alluvionati, ma la scena era surreale”. Su quei fatti si mossero anche la sezione criminalità organizzata del Servizio centrale operativo e la Digos.

E del caos scatenato dalla campagna elettorale aggressiva di Raffaella Paita e dalle irregolarità durante il voto dello scorso 11 gennaio, si è occupato anche il Corriere della Sera. Un articolo dal titolo estremamente emblematico (“Patti segreti e alleanze pericolose, ecco il pasticcio dei gazebo liguri”) ripercorre la vicenda delle Primarie liguri e delle tante ombre che vi aleggiano intorno. Si parte proprio dal giovane presidente del seggio di Genova Certosa. Come riportava il Corsera, “nel gruppo c’è Umberto Lo Grasso, ex consigliere comunale dell’Italia dei valori, rinviato a giudizio con l’accusa di aver raccolto nel 2010 firme false per conto di una lista collegata al presidente uscente, poi rieletto, Claudio Burlando. Altri due sono membri di una famiglia che appartiene alla folta comunità siciliana del ponente genovese, con precedenti penali per spaccio di droga e furto”.

Poco tempo dopo l'articolo del Corriere, Lo Grasso ha dovuto incassare la condanna a nove mesi per falsità ideologica in atto pubblico con riferimento alle regionali del 2010. Una condanna che, visto il ruolo da protagonista nascosto alle Primarie svolto dall'uomo, fece accrescere le perplessità sul sistema che ha agito intorno alle elezioni che hanno portato Raffaella Paita a essere candidata del centrosinistra i prossimi 30 e 31 maggio.

Mentre accadeva tutto ciò, il Collegio dei Garantidel Partito Democratico ha annullato i voti di 13 seggi "inquinati". La Commissione fu chiamata ad esprimersi sui 25 casi di presunte irregolarità denunciati nelle ore successive al voto dell'11 gennaio. In tutto, finirono nel cestino 1.300 voti. Una decisione che fece storcere il naso a molti, tanto Federico Geremica su L Stampa ne propose un'analisi feroce, dal titolo “Uno strumento che ha perso di Credibilità”. “Le primarie del Pd ligure sarebbero dunque regolari. Meglio: più o meno regolari. Questa è la decisione dei garanti (chiamiamoli pure i giudici) del Partito democratico ligure. Più o meno regolari, dicevamo, perché qualche broglio c’è stato: ma non di dimensioni tali da imporre l’annullamento della competizione (come chiesto da Sergio Cofferati, il contendente sconfitto). Un equilibrismo sufficientemente ipocrita da ricordare – e nemmeno da tanto lontano – il famoso «sì, è incinta: ma solo un po»”.

Nel frattempo Sergio Cofferati, che il 17 gennaio ha lasciato il partito che aveva contribuito a fondare proprio per l'atteggiamento tenuto nel post-Primarie, ha affidato l'incarico a un pool di avvocati di avviare un’indagine privata per verificare la presenza di brogli. L’ex leader della Cgil ha deciso di cambiare strategia rispetto a quella annunciata nelle scorse settimane, lasciando perdere il percorso ad ostacoli dellla presentazione di un esteso esposto in procura.

Ma la storia non finisce qui. Nelle ultime ore è emersa la presenza di un prestanome di Carmelo Gullace, presunto boss della 'ndrangheta arrestato nel savonese, nell'elenco dei sostenitori di Raffaella Paita. Si tratta di Paolo Cassani, indicato nell'ordinanza di custodia cautelare di Carmelo Gullace come uno dei suoi prestanome. Cassani era presente nella lista dei sostenitori di "Lella Presidente" sul sito dell'assessore regionale - prima che la stessa Paita lo depensasse dall'elenco - e sulla rete circola una foto dei due insieme durante un appuntamento elettorale.

Insomma, le primarie vinte da Raffaella Paita hanno visto poggiarsi su di esse diverse ombre. Le stesse denunciate a Primocanale dal pm Francesco Pinto. Parlando delle Primarie a Liguria Today, il magistrato genovese ha detto: “Istituti che nascono sicuramente come principi di democrazia finiscono invece per essere inquinati nella ricerca del consenso. Nel momento in cui vengono fuori delle competizioni Primarie senza regole certe, nasce il problema del riferimento a gruppi che condizionano il voto e il consenso", ha denunciato Pm. Resta da vedere quanto lo spettro di infiltrazioni mafiose nella scalata al potere di Raffaella Paita inciderà sulle prossime elezioni regionali.