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Partita chiave della Regione: il nuovo Galliera, Erzelli e gli accordi con la Lombardia
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Oggi Genova e la Liguria sembrano veramente andare a due velocità. Se partiamo dal turismo tanto osannato in questi tempi di vacanze invernali e di afflussi record, da vero boom, la prima velocità è quella di una proiezione esponenziale in avanti. Ma che dire degli alberghi che chiudono e che mancano, delle zone buie, dei buchi neri che restano anche nel cuore del fantastico centro storico, il “più grande d'Europa”, ma anche il più crivellato di chiusure e di buchi neri?



Lottiamo furiosamente contro l'isolamento interno ed esterno con questa pioggia di finanziamenti sul Terzo Valico (finalmente tutto foraggiato nei suoi sei lotti) e sulla metropolitana, finalmente programmata oltre i suoi angusti limiti. Ma l'isolamento continuano a essere quei treni Genova-Milano e Genova-Roma sempre in bilico, malgrado le battaglie e le crociate degli uomini di buona volontà come Maurizio Rossi e le promesse di Rfi. Ci mettono meno di due ore, magari un'ora e mezza per la capitale lombarda, ma poi si incrodano per ore nella rivolta dei pendolari e per arrivare alla capitale il sogno del meno cinque ore si infrange spesso tra linea tirrenica e Firenze -Rifredi. Chi vince? E che dire dello strangolamento autostradale: basta un Tir rovesciato e migliaia di automobilisti vengono presi in ostaggio in autostrada per ore e ore.

Siamo a due velocità, forse a tre addirittura, nella sanità, partita-chiave della Regione, dove balliamo tra il nuovo Galliera, Erzelli fantasmagorico ospedale del futuro, gli accordi con la Lombardia e lo schianto previsto dei Pronti Soccorsi nelle vacanze di Natale. Ospedali con i robot al posto degli infermieri o lager di barelle al primo piano del San Martino?

Se restiamo a Erzelli, dall'alto della sua super terrazza, con il cielo più bello di Genova (lo dice niente meno che Renzo Piano), le due velocità sono evidenti: quella super rapida delle nuove aziende high-tech, del parco mirabolante, del nuovo ospedale, dell'aggancio in orbita tra industria e ricerca universitaria o l'altra grigia e cupa che si profila là sotto, nelle incertezze dell'Ilva, della Piaggio, della Ericsson stessa.


Ovunque ti giri le velocità, all'inizio del 2018, sono sempre due, anche se voli un po' più ludicamente sui campi da pallone e plani sullo stadio-cesso di Genova Marassi, dove il terreno di gioco fa “cagare” (lo dichiara apertis verbis il trainer più alla page che ci sia il sampdoriano Gianpaolo) e le infrastrutture sono fatiscenti, servizi igienici infrequentabili, bar da quarto mondo, servizi da paura, ma dove puoi ammirare due squadre che giocano in serie A, privilegio concesso in Italia solo a Milano, Torino e Roma e Verona. Fino a che dura.

Genova è la città che canta e balla la notte di San Silvestro dei record frantumati o è quella che chiude Rinascente, Trony e cala le saracinesche del centro storico in modo così evidente che si scatena perfino il cardinale Bagnasco nel Te Deum di fine anno, difendendo i negozi piccoli che la crisi continua a spazzare via.

Sono le due velocità di una città incerta tra la sfida di essere la futura capitale del Mediterraneo, come martella il sindaco Bucci o quella più vecchia e in maggiore caduta demografica, come sparano i dati statistici, freddi, assassini e inesorabili, 580 mila abitanti, due mila meno dell'anno scorso, senza contare la quota immigrazione.

In fondo è proprio come dice il sindaco: bisogna avere una vision, “la vision” del futuro per andare veloci, schiantare le lentezze e, soprattutto il moloch burocratico, degli apparati che frenano sempre e ovunque. Altrimenti, se si frena, la vision sfuma, i progetti sembrano fuffa e noi andiamo lenti, lenti. Insomma o Genova “meravigliosa” o Genova città lumaca.