cronaca

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Lee Jun-seok, capitano del traghetto Sewol affondato il 14 aprile al largo delle coste meridionali della Corea del Sud, con un bilancio di circa 300 vittime, è stato condannato dalla Corte di Gwangju a 36 anni di carcere, ma prosciolto dalle accuse di omicidio. Lo riferisce l'agenzia Yonhap.

Lee, 69 anni, era stato accusato di aver abbandonato il traghetto sulle prime unità di soccorso giunte sul luogo del naufragio, mollando alla loro sorte i 476 passeggeri, in prevalenza studenti in gita e morti in gran parte nell'incidente. La procura aveva addebitato al capitano l'accusa di omicidio che, se accolta avrebbe comportato l'ipotesi di pena di morte, esistente nell'ordinamento sudcoreano, ma di fatto congelata in una moratoria ultradecennale.

Il governo sudcoreano ha deciso la fine delle ricerche dei dispersi, durate alla fine circa sette mesi. Allo stato, secondo quanto detto dal ministro della Pesca e del Mare, Lee Ju-young, il numero totale di morti e dispersi è di 304: nove persone mancano ufficialmente all'appello, mentre i corpi recuperati sono 295, tra cui l'ultimo di una ragazza trovato dai sub alla fine dello scorso mese.