cronaca

Il dossier più preoccupante? "Quello su Piaggio Aero"
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Sulla scrivania di Rixi, assessore regionale allo sviluppo economico, ci sono tanti dossier ‘caldi’: Agnesi, Ilva, Piaggio Aero, Kavo Promedi, Oto Melara e non solo. Tutte aziende liguri a rischio chiusura, con gli enti locali chiamati alla difficile sfida di risolvere le emergenze occupazionali. Poi c'è la questione dell'Autorità portuale, quanto mai centrale per lo sviluppo della città. Ma Rixi è anche leader della Lega Nord Liguria. Sulle comunali genovesi del 2017 non svela particolari sulle candidature, conferma che il “modello Toti” è quello giusto e parla di "battaglia di liberazione"

Lei è sia membro della giunta regionale sia a capo della Lega Nord in Liguria. Quale dei due incarichi è la croce più pesante?
Non sono croci. L’incarico in Lega è una responsabilità per ciò che rappresenta a livello nazionale, una speranza per il paese. Fare l'assessore regionale allo sviluppo economico è come predicare nel deserto: siamo una Regione che teoricamente potrebbe avere molto sviluppo economico, mentre negli ultimi venti anni si è fatto di tutto per distruggere l’economia e le imprese. Più che una croce la vedo come un’opportunità per il territorio.

I tavoli aperti in Liguria sono molti da Ponente a Levanta: Agnesi, Ilva, Piaggio Aero, Kavo Promedi, Oto Melara. È una Liguria che dal punto di vista industriale sta bollendo sempre di più. La soluzione?
Sono tutte realtà legate a una grande industria nazionale che sul manifatturiero fa fatica: non c’è una politica industriale, l’Unione europea ha massacrato le imprese italiane col beneplacito del Governo. Prima si parlava di aziende marginali che chiudevano, ora iniziamo ad aver problemi su aziende eccellenti a livello mondiale, ad esempio Agnesi per l’agroalimentare.

Si è già stabilito che Agnesi chiuderà, il 31 dicembre
Speriamo che non sia così. Il presidente Toti ha chiamato la proprietà, stiamo aspettando un piano industriale, la Regione è disposta a metterci strumenti economici perché il marchio e lo stabilimento restino qui. È chiaro che anche l’abbandono del porto di Imperia per i traffici commerciali ha fatto sì che il costo di importare grano sia raddoppiato

Qual è la situazione più rischiosa e quale si potrebbe risolvere a breve?
Sono molto preoccupato sulla situazione Piaggio: ha grosse potenzialità, un anno fa aveva una situazione abbastanza positiva, ha scelto di anticipare alcuni investimenti. Questo ha comportato ritardi nella produzione del drone che rischiano di compromettere due aspetti: è aumentato il costo di produzione e all’azienda serve liquidità, e poi gli americani e i francesi rischiano di arrivare prima di noi. Ci sono state scelte sbagliate sia dell’azienda sia da parte del Governo. L’Italia rischia di perdere un’eccellenza.

Per quanto riguarda la portualità: a Genova c’è un commissario, il discorso sta andando per le lunghe. Durante il congresso di Spediporto, il presidente Fasce ha chiesto un presidente tecnico e non un politico.

A me queste cose fanno sorridere. In Italia, a seconda se è simpatico o meno, un presidente viene connotato come politico o tecnico. Vorrei capire se Merlo sia mai un tecnico della portualità: è stato un assessore del centrosinistra, dopodiché è chiaro che dopo dieci anni alla guida dell’Autorità Portuale si diventa un tecnico. Biasotti è nato come operatore portuale, poi si è buttato in politica. Potrei andare avanti così con molti altri. La verità è che serve un buon presidente, a prescindere se tecnico o politico. Poi è chiaro: più è tecnico e meglio è. Ma visto che la scelta la fa il ministro, e Delrio ha scelto Merlo – un politico – come presidente di un tavolo tecnico, mi sembrano discorsi molto ipocriti.

Sarebbe meglio forse puntare su un manager con competenze specifiche?
Se il ddl è quello che porta avanti il Governo, cioè che il porto sarà un ente pubblico e non economico, non sarà un manager con buona pace di tutti. Le regole di un ente pubblico non sono quelle di un’azienda. Per questo avevamo proposto di far diventare il porto una SpA, magari tutta a capitale pubblico. Allora sì che si può pensare a un manager. Ma un manager può essere a capo di un’azienda, non di una Prefettura. Se il modello seguito è quello delle Prefetture, sarà una scelta politica con un profilo più burocratico.

A proposito di legami con la politica: Genova nel 2017 andrà al voto…
Credo che molti genovesi aspettino le elezioni per cambiare questa città, non credo siano contenti di come è stata amministrata in questi cinque anni

Lei come leader della Lega proporrà un candidato della Lega Nord? È troppo presto per parlarne?
Io la vedo molto come Salvini: il problema non è l’appartenenza politica del candidato, il problema è avere un candidato che ami la propria città, che sia disposto a mettersi in gioco, coraggioso, in un Paese dove nessuno si vuole più occupare di politica, un’attività non più apprezzata perché si viene visti come qualcuno che va a prendere e non a dare. Credo non possa essere né di estrema sinistra né del Pd, che in questa regione hanno fatto più disastri che altro.

Le idee di Salvini hanno portato una spaccatura a Roma, mettendo in dubbio il cosiddetto ‘sistema Toti’, che è quello che ha permesso al centrodestra di vincere in Liguria: un’unità del centrodestra che in Italia non ha eguali. Si può rischiare a Genova ciò che è successo a Roma?
Si può rischiare se mi candidano uno come Bertolaso, che nel 2016 non può andare in tv a dire che la Meloni non può candidarsi perché diventa mamma. È contrario al buon senso e a qualsiasi cosa oltre che alle linee politiche: noi difendiamo la famiglia. Bertolaso ha fatto il suo tempo, bisogna trovare una classe politica nuova. Con Giovanni Toti mi trovo bene perché siamo persone concrete e cerchiamo soluzioni: è quello il modello che funziona. Dobbiamo trovare gente che vuol fare qualcosa per gli altri

Lei accetterebbe di candidarsi? Quali sarebbero i presupposti?

Come assessore ho tantissime cose da fare, mi piacerebbe finire il mio mandato aumentando un po’ il tasso d’occupazione che, sorprattutto tra giovani, è a livelli raccapriccianti. Detto questo, lungi da me pensare a candidarmi a sindaco di Genova. Dopodiché in politica può succedere di tutto.

E se dovesse sbocciare una gemma, quale sarebbe la condizione per accettare?
Che ci sia tanta gente che vuole occuparsi di politica. Si cambia solo se tanti cittadini vogliono occuparsi della cosa pubblica. Non è che con una sola persona si cambia una città. I genovesi devono decidere di rimboccarsi le maniche, non accettare più i ricatti della vecchia nomenklatura. L’unica condizione è trovare tantissime altre persone per questa battaglia di liberazione per far tornare Genova al centro del mondo. Fino a qualche tempo fa non appariva più nemmeno sulle cartine geografiche. Mi piace fare squadra, non i giochi da solista.