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Il commento
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Come potremmo definire una città “normale”? Anzi. Una città “assolutamente normale”? Ci provo, ma il giochetto potete farlo anche voi a casa. Magari quando dopo la partita siete insieme a qualche amico. Mi è venuta in mente questa riflessione da un lato ascoltando l’inchiesta che Primocanale fa tra i genovesi sollecitando idee per costruire un immaginario (ma mica troppo) programma per il futuro sindaco di Genova. Dall’altro leggendo i progetti che i candidati stanno illustrando in questi giorni.

Una città normale dovrebbe essere vivibile sia per chi ha più di 60 anni sia per chi ne ha meno di 18, sia per chi sta tra i 18 e il 60. La vivibilità è assicurata quando c’è un lavoro. Infatti i “normalissimi” cittadini genovesi mettono al primo posto dei loro desideri proprio il lavoro. Ma come rientra nelle competenze di un sindaco la capacità di creare posti di lavoro? Non certo allargando le assunzioni in Comune. Ma, per esempio, creando una situazione “ambientale” tale da spingere aziende a venire a Genova e altre e non andarsene via.

Allora ecco le proposte dei cittadini: lotta al degrado, cioè favorire in tutti i modi lo sviluppo di una città qualitativamente alta. Come? Al primo posto mettono la pulizia, poi la sicurezza, cioè passeggiare magari nel centro storico senza timore di essere scippati, quindi la mobilità che vuol dire raggiungere Genova facilmente in treno, auto, aereo e altrettanto facilmente uscirne. Ma anche muoversi agilmente all’interno della cinta urbana: bus, metro, parcheggi, aree pedonali.

Qualità poi significa dedicare spazi molto ampi alla cultura con teatri, librerie, biblioteche, scuole, università, musei, gallerie, musica, mostre. Significa anche possibilità di godere di servizi efficienti: wifi, ospedali (ma il sindaco può fare poco), una rete commerciale aperta, usabile facilmente. Significa favorire la ricerca, attirare i giovani, non ostacolare il lavoro femminile, dare servizi alle giovani coppie.

I genovesi più o meno convinti, da Voltri a Nervi, da Pontedecimo a Molassana, avanzano queste proposte. Senza il bisogno di inventare mirabolanti scenari, che sono fantastici, ma assolutamente anormali in una città ridotta in questo stato.

Dove i bus scoppiano per strada, il 90 per cento dei giovani scappa perché non trova lavoro, i cani scagazzano in mezzo ai marciapiedi sotto gli occhi compiacenti dei loro padroni, il treno per e da Milano parte a un’ora certa e arriva a un’ora incertissima, la notte è così buia che per passeggiare bisogna avere una bussola, la tassa sulla rumenta è stratosferica, l’Imu è tra le più alte d’Italia, chissà che cosa accadrà con il servizio bus. Parola di genovesi intervistati.

Con una conclusione. Attenti. Il mare e il pesto non bastano più.