cultura

In arrivo i fondi Bray. "Ma ci salviamo solo cambiando ruolo"
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“Ai genovesi dico: diventate soci fondatori del Carlo Felice, prendetelo in mano e fate del teatro il biglietto da visita di Genova nel mondo”. Il sovrintendente Maurizio Roi rilancia l’appello al mondo imprenditoriale della città proprio mentre sta per terminare la telenovela dei fondi previsti dalla legge Bray, 13 milioni che la Fondazione attende da due anni e mezzo. “Il decreto è fermo alla Corte dei Conti che dovrebbe vidimarlo tra poco – assicura – dopodiché apriremo la pratica del mutuo col Mef”. Un ritardo che “ci è costato 2 milioni e mezzo, ma adesso è finita. Queste risorse, però, non risolvono i problemi del futuro”.

Futuro che si annuncia difficile per il teatro d’opera genovese: pochi soldi dalle istituzioni, molti debiti pregressi (35 milioni, in parte coperti dai fondi Bray e dal piano di assestamento) e il rischio concreto di diventare una nicchia culturale in perdita. A meno che non si trovino strade alternative. La proposta di Roi è quella di ampliare l’azionariato della Fondazione per trasformare il Carlo Felice in un crocevia del business. “Noi non chiediamo aiuti, ma investimenti. Il nostro statuto consente di avere un’assemblea dei soci con poteri di indirizzo. Dobbiamo cambiare ruolo. Possiamo funzionare da catalizzatore per relazioni, incontri e ricevimenti”.

La quota di partenza per entrare in Fondazione è di 700 mila euro. “Non si tratterebbe di una privatizzazione – precisa Roi – perché lo Stato continuerebbe a mettere 9 milioni all’anno mentre il contributo dai soci fondatori inciderebbe solo sul capitale e sarebbe una tantum. Però l’assemblea potrà determinare gli indirizzi del Carlo Felice. Vogliamo che siano i soggetti interessati a dirci dove dobbiamo andare”. Accordi veri e propri ancora non ci sono, ma diversi contatti sarebbero già in piedi con l’Aeroporto, Trenitalia e altre aziende.

Si tratta, in fondo, di recuperare quel ruolo di agorà del mondo politico ed economico che il Carlo Felice ha avuto a Genova per più di un secolo. Un esempio lo si è visto di recente con ‘Elisir d’amore’ – lo spettacolo con scenografie di Lele Luzzati che ha quasi sfondato quota 10 mila biglietti e martedì sera ha fatto il tutto esaurito di bambini – diretto dall’australiano Daniel Smith. Con lui c’era anche l’ambasciatore in Italia, Greg French, che ha convocato a teatro imprenditori italiani e australiani per tessere nuove collaborazioni.

“È quello che vogliamo fare: un centro al servizio dell’immagine di Genova. Stiamo notando che già adesso molte imprese scelgono noi come location per i loro incontri. Ricordiamo la mostra appena organizzata dal Rotary. Il Carlo Felice è una risorsa - conclude Roi - ma se usata male diventa un problema. Oggi questo teatro avrà un futuro solo se servirà allo sviluppo della città”.