cronaca

L'accusa: "I lavori sul Fereggiano hanno aumentato il rischio"
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"Burlando poteva fare qualcosa per evitare la tragedia". Questo in estrema sintesi il pensiero dell’avvocato Andrea Testasecca, che difende l’ex assessore alla Protezione civile, Francesco Scidone, nel processo per l’alluvione del rio Fereggiano a Genova, che nel 2011 provocò sei vittime tra cui due bambini.

L'ex presidente della Regione è stato sentito per oltre tre ore in aula, dove ha riferito dei lavori sul Fereggiano che, secondo l'accusa, avrebbero peggiorato la situazione. Il legale ha più volte sollecitato l'ex presidente regionale - chiamato in aula come teste visto il ruolo ricoperto di commissario per il Fereggiano e lo Sturla - a chiarire come mai non attuò provvedimenti atti a limitare il rischio di esondazione ma anzi fece realizzare  la piastra dei posteggi e demolire tre stabili vicino a largo Merlo aumentando così la probabilità di fuoriuscita delle acque.

“Nel mio ruolo di commissario dovevo solo coordinare Provincia, Comune e Regione che però mantennero le loro competenze su quanto era possibile fare per limitare il rischio". Così Burlando ha giustificato il proprio comportamento. "Io palesai all’allora capo della protezione civile Bertolaso i problemi viari e di sicurezza delle case e delle persone ma i fondi erano limitati, circa 8 milioni a fronte di una necessità di 30 circa, quindi si stabilirono delle priorità”.

A margine dell'udienza l'ex governatore ha poi aggiunto su progetto dello scolmatore: "fu Sansa ha bloccare l'opera". E sulla nuova piastra tra via Pinetti e largo Merlo si è difeso: “In quel tratto la strada era molto stretta. Abbiamo creato parcheggi e marciapiedi per gli abitanti di un tratto pericoloso dove transitavano anche mezzi pesanti”. E comunque, l'esondazione del 2011 non è stata colpa della copertura "ma un evento eccezionale", ha detto l'ex governatore.