politica

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Il primo faccia a faccia tra Raffaella Paita e Federico Berruti, candidati alle primarie del centrosinistra, toglie un dubbio e ne lascia un altro in sospeso. Il nodo sciolto riguarda il “physique du rôle”. Che la Paita abbia capacità di graffiare era cosa nota. Berruti, al contrario, veniva dipinto come un abatino, dai modi troppo gentili per tenere botta con l’assessora regionale perennemente in versione “donna giaguaro”. Il sindaco di Savona, invece, ha rivelato una inaspettata capacità di colpire duro, con un linguaggio a volte crudo per la serie “quando ce vo’, ce vò”. Alla faccia dell’abatino.


Se anche al momento dell’ufficializzazione delle primarie la sfida sarà davvero fra loro due (al netto di Alberto Villa, che non ha muscolatura elettorale per reggere la competizione), stiamo dunque certi che ne vedremo delle belle. E molti altarini verranno scoperchiati, come dimostra la polemica a distanza fra lo stesso Berruti e il suo collega sindaco di Sarzana, Alessio Cavarra, sul tema smaltimento dei rifiuti-salvataggio Acam.


Il nodo che resta in sospeso riguarda il ruolo di Genova e dei genovesi. Al di là delle bordate che Paita e Berruti si sono scambiati, è emerso un atteggiamento molto diverso. Pur partendo entrambi dallo stesso presupposto – al voto regionale, la provenienza territoriale non può essere un discrimine – hanno approdi quasi opposti. L’assessora tende a cancellare del tutto il problema, con l’evidente intento di incassare il dividendo derivante dall’appoggio del governatore genovese Claudio Burlando, mentre il sindaco enfatizza la questione, sottolineando l’esigenza di risolverla perché senza il capoluogo non si può immaginare una regione capace di riaccendere il motore dello sviluppo.


Certamente è presto per trarre delle conclusioni, perché bisognerà vedere come evolveranno le proposte dei due candidati, ma la valutazione sommaria che viene dal primo approccio è questa: Berruti è già proiettato anche su Genova, Paita deve ancora arrivarci (se mai ci arriverà) perché, cercando di erodere consensi persino in casa del rivale (vedasi il botta e risposta sul turismo), tenta lo sfondamento dalle ali. Nel calcio è una tattica che normalmente paga, ma quella con l’elettorato è una partita che non si gioca su un campo verde.

Piuttosto, è un campo minato. E l’assessora rischia di trovarne molte innescate lungo il suo cammino. Perché, fatalmente, l’appoggio di Burlando sarà anche un peso. E la metterà nella condizione di dover rendere conto non solo del suo periodo in giunta, ma di tutti i dieci anni del governatore al potere. Berruti aborrisce il termine discontinuità, da quando ha visto che porta sfortuna. Ma anche la continuità ha i suoi rischi.