Silvio Berlusconi sta facendo il giro delle sette chiese mediatiche per intestarsi "senza se e senza ma" la recente vittoria del centrodestra alle elezioni amministrative. Di per sé non ci sarebbe nulla di male, dal punto di vista dei partiti che compongono la coalizione - Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia e cespugli vari - se non rimanesse il dubbio che l'ex premier voglia portare questo rinnovato consenso in dote a un'intesa con Matteo Renzi e al suo Pd per una legge elettorale di stampo proporzionalista.
È il contrario, cioè, di quanto vanno chiedendo Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Giovanni Toti, il vero uomo forte del centrodestra italiano di oggi, tutti inclini a un maggioritario chiarificatore di chi vinca e di chi perda subito dopo l'apertura delle urne. Nel nome di una governabilità che, come ci dicono tutti i sondaggi, il proporzionale, per quanto corretto anche alla tedesca, non garantirebbe. Neppure nella versione "inciucio" Pd-Forza Italia.
Poiché Berlusconi sarà pure avanti negli anni ma non pare essersi rincitrullito, non si capisce perché si ostini su posizioni che lo portano in rotta di collisione con il gruppo dirigente - Toti, Salvini, Meloni - che ci sta mettendo la faccia elettoralmente e sta mietendo un successo dopo l'altro. Battuto, vedi Roma e Torino e più recentemente la ligure, piccola ma significativa Chiavari, dove la squadra del centrodestra si è inopinatamente divisa.
Le divisioni, peraltro, costituiscono palesemente la causa principale della disfatta del centrosinistra. A partire da Genova, storica roccaforte rossa conquistata da Toti e associati proprio grazie al procedimento inverso. E allora, perché Berlusconi litiga subito con Salvini e mostra insofferenza per la costante crescita del ruolo di Toti, il vero nuovo federatore della coalizione "moderata e liberale"?
La risposta non sta nella politica ma nelle questioni private. In tutta evidenza l'ex premier si mostra principalmente preoccupato delle questioni relative al presente e al futuro di Fininvest-Mediaset e in nome di ciò continua a prediligere una linea di dialogo-accordo - al di là delle parole di circostanza - con Renzi. Che in quanto detentore delle chiavi del governo può molto, come già ha dimostrato facendo intervenire l'esecutivo quando è esploso il conflitto con la francese Vivendi che stava dando l'assalto al gruppo del Biscione.
È più di una sensazione, insomma, che ancora una volta le questioni personali possano condizionare e sorpassare quelle pubbliche. Anche a costo di dissipare il patrimonio di consenso che il centrodestra sta riconquistando sul campo. Anche a costo, dunque, di far torto alla stessa storia politica personale di Berlusconi.
Del resto non si può spiegare diversamente che Mediaset ignori bellamente le amministrative - come ha opportunamente fatto osservare il senatore Maurizio Rossi - senza dedicare loro lo straccio di un minuto di trasmissione straordinaria (al contrario di Rai, La 7 e di quasi tutta l'emittenza locale) e poi apra il Tg dell'ammiraglia Canale 5 a un'intervista sdraiata proprio a Berlusconi. Il conto non torna. Oppure, torna benissimo. Ma solo dalle parti di Arcore.
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Berlusconi, il centrodestra e le questioni di famiglia
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