cronaca

Una città che rischia morte e distruzione
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Siamo in pericolo. Siamo una città che rischia morte e distruzione. Se piovono quelle che il linguaggio moderno chiama “bombe d'acqua” o “temporali autorigeneranti”, ci sono interi quartieri che rischiano di andare sott'acqua e decine di migliaia di cittadini di fare la fine dei topi.


Non fidatevi di questo finto inverno di macaja e quasi siccità: Genova è una città ad alto rischio alluvione. Non fidatevi delle opere di salvaguardia, come gli scolmatori, che hanno appena iniziato a costruire con colpevole ritardo ventennale, o le coperture come quella del Bisagno, che sono dieci anni che ci lavorano sconvolgendo il traffico e finirà tra altri dieci. Ci vorranno anni per togliere dal livello di rischio centinaia di migliaia cittadini con queste opere. Intanto se piove...

Non puliscono i tombini e questa sarebbe la prima misura di difesa, non dragano e disforestano gli alvei dei fiumi, dei torrenti dei rii, che non ne ricordiamo neppure il nome, fino a quando non esplodono e uccidono. Hanno appena modificato la legge regionale che permetteva di costruire fino a tre metri da questi corsi d'acqua.

Genova è una città ad alto rischio di morte per alluvione: nella “madre di tutte le alluvioni”, 7-8 ottobre 1970, morirono in 44, tra Genova e Voltri, nel 19 settembre del 1953 il Bisagno se ne portò via 10, il 27 settembre del 1992 tre morti e il 23 settembre dell'anno prima due morti: fu lo Sturla, ricordate, quella nonna e quella bambina risucchiati dalla loro casa costruita impunemente in mezzo al greto.

Nel dopoguerra sono 121 morti, senza contare i 111 della Diga di Molare, travolta dalla piena dell'Orba nel 1935. Siamo una città, una regione, un' area geografica, tra il mare catalizzatore di tempeste e le montagne con il loro spartiacque, ad alto rischio, ma chi ci ha ridotto così, sopratutto, chi paga, chi ha mai pagato?

Decine se non centinaia di pubblici amministratori, impresari, imprenditori, cementificatori, hanno saccheggiato il nostro territorio, appunto cementificato, massacrato, tombato, per almeno le tre generazioni che hanno popolato il nostro ultimo Dopoguerra, mentre la terra veniva abbandonata a se stessa dalle stesse generazioni, che cambiavano mestiere, lasciando, a monte, i campi incolti. Non pagheranno mai perchè non sapevano quello che facevano o perchè era solo una responsabilità politica e amministrativa?

Siamo all'alba del terzo Millennio in una delle città moderne, civili e sviluppate, più esposte al rischio idrogeologico. E possiamo solo prendercela con quelli che non ci sono più o che non possono essere chiamati in causa. Dobbiamo solo pulire i tombini, pregare che non piova così forte, costruire in fretta le opere salvifiche e supplicare che i metereologi azzecchino il livello degli allerta.

Se no, quando piove forte, siamo spacciati e molti rischiano la vita in un portone, in un tunnel, in una cantina, su un ponte, uscendo da scuola. Anche a casa propria travolti dal fango, il nostro più imprendibile serial killer, come quella coppia di anziani sulle alture di Chiavari, un anno e mezzo fa.