politica

Spicchi d'aglio
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Chi è in Liguria il leader dei renziani? E a Genova? Vi domanderete se il mio disfacimento mentale è arrivato a un punto di non ritorno. Eppure ieri mattina, accompagnando mia moglie nel martirio degli ultimi regali di Natale, dribblando cacche di cani sul marciapiede e superando le barriere di auto parcheggiate in doppia fila in via Ceccardi, mi è fiorita tra gli scarsi neuroni superstiti, questa domanda così definitiva: chi è nel nostro piccolo territorio, striscia angusta tra cefali e capre, il leader dei renziani? Cioè colui o colei che ne rappresenta per carisma il verbo del Capo, ne replica la traccia filosofica, segna il percorso del futuro ligustico nel nome del Grande Tosco?

Non mi è venuto, al momento, nessun nome, né di donna né di uomo e allora ho fatto l’esercizio che il geriatra mi ha suggerito quando la memoria sui cognomi si addormenta: sussurra un elenco di nomi, un immaginario registro.

La B mi fa pensare subito a Berruti, Federico, sindaco di Savona. Lui lo era renziano per davvero, quando Renzi non contava niente e lo conoscevano solo tra Pontassieve e Poggibonsi. Il sindaco di Savona, tra le risatine dei Tenutari Democratici andava alla Leopolda quando era soltanto una vecchia stazione ferroviaria elegantemente fanée. Poi gli sono saltati i nervi quando Matteo in spericolata ascesa lo ha un po’ dimenticato, andando a fidarsi di potentelli local, raccoglitori di tessere che mai e poi mai avrebbero potuto essere renziani.
B come Burlando. Nato D’Alemiano, poi Bersaniano fino a un giorno in cui si svegliò renziano e quando citava “Matteo” e tutti pensavano che si riferisse al compagno di giunta, assessore Matteo Rossi, dovette spiegare che no, il Matteo che lui citava era proprio Renzi. “Renzi? Ma tuuuu?” gli chiedeva frastornato Montaldo. “Uenzi Uenzi Uenzi”. E il povero Montaldo, squassato, si chiudeva nel suo feudo a organizzare gli ascari della Polcevera.
P come Pinotti. Beh, la ministra avrebbe potuto essere una forte leader renziana, per carattere e per il passato catto-scoutistico, ma allora nessuno le spiegò che questo giovanotto toscano stava facendo sul serio.
R come Rasetto. Ecco, Rasetto era qualcosa di indefinibile, poco catalogabile, intelligente, autonomo e quindi facile da trasformare, quando ci fu lo sfascio delle primarie che portarono Doria alla vittoria, in perfetto capro espiatorio della sconfitta. Lui che non aveva alcuna colpa. Lui avrebbe potuto diventare un giovane leader renziano.
L come Lunardon. No, Lunardon no. Giuro che non ho mai sentito dire che abbia preso parte a raduni renziani o para-renziani, mai a qualche Bing Bang. No, Lunardon gira ancora oggi con la foto di Pierluigi nella bustina della sua carta d’identità. E non si rassegna: chissà che un giorno…..
T come Terrile. Nemmeno Terrile anche se alla Leopolda questa volta c’è andato. Che ci provi? Che sia facendo un corso di recupero?
F come Farello. E’ lo strarompi di Palazzo Tursi. L’unico che fa un po’ di opposizione a Doria tentando disperatamente di mettere due palle al Pd genovese. Ma renziano…boh non mi pare.
O come Orlando, l’antico enfant prodige. Orlando era a un passo da diventare un leader ligure, ma renziano non lo era proprio, Poi, dato che è un tipo sveglio, una testina funzionante nel partito, lo hanno caricato nel governo. Ma ha esitato quando, invece, avrebbe dovuto farsi avanti, per sbaragliare la partita preparata a tavolino dall’ex governatore. Quasi leader, poco renziano, in ogni caso oggi molto ben inserito. Potrebbe ancora sorprenderci.
P come Piazza. Dai che forse un vero renziano lo abbiamo trovato. Emanuele Piazza, giovane super assessore a Tutto. Forte sponsorizzazione di Taddei esperto economico del Pd, l’ex civatiano folgorato da San Matteo. Ragazzo studioso, mediatore pacato ma deciso. Che studi da bravo candidato? Potrebbe essere così.
L’importante è che nel Pd non se ne accorga nessuno, almeno fino alla vigilia delle primarie. Sennò…