Il 2016 a Genova sarà l’anno di Marco Doria, Ma anche quello di chi gli è contro. A una quindicina di mesi dalle elezioni comunali nella nostra città, purtroppo sfalsate rispetto all’appuntamento elettorale nelle grandi città italiane, così seguito dal presidente del Consiglio per ovvi e personali interessi, le carte si stanno sistemando, almeno nel vecchio centro sinistra.
Doria il freddo ha scoperto nelle ultime settimane persino un accenno di sorriso: lo abbiamo visto, sotto l’albero di piazza De Ferrari, guardare con lieve affetto un bambino, forse delle elementari. Ma aldilà dei minimi gesti esteriori che fortunatamente non gli sono propri e che, invece, contraddistinguono sguaiatamente alcuni altri di sinistra e di destra, è comparso un Doria combattivo, a tratti decisionista. Insomma il sindaco ha mostrato con chiarezza che intenzioni ha: ricandidarsi a differenza del suo omologo milanese Pisapia, dare battaglia, sfidare un’intera città, spaesata e indifferente e in gran parte a lui ostile. E non è escluso che questa intenzione gli riesca.
Ma dovrà fare molto, anzi moltissimo. Dovrà fare e far vedere ai suoi concittadini che fa tutto quello che non ha fatto o ha fatto poco in questi tre anni, segnati dalla disfatta di Genova, sia economicamente (e qui le colpe sue sono poche) sia socialmente (e qui di responsabilità ne ha tantissime) sia culturalmente (e qui deve imparare a coinvolgere e appassionare intorno a alcune idee-guida).
Dalla parte del sindaco ci sono, paradossalmente, tutte le sue opposizioni, così modeste politicamente e culturalmente da non essere andate oltre a qualche iniziativa di condominio.
Poi ci sono gli anti-Doria. Logicamente dentro e fuori Pd. Ma questa armata Brancaleone genovese è talmente brancaleonesca, così perfettamente brancaleonesca, da aver convinto l’ottimo Ermini, inviato da Renzi a Waterloo, a rimettere a posto i cocci intorno al sindaco uscente nel tentativo quasi impossibile di rivincere nella rossa città del porto.
Chi volete che oggi sia così votato al martirio e al rischio di fare il sindaco in una città come Genova? Pensate che esistano ancora figure come Campart, Pericu, Sansa che abbiano voglia di mettere in gioco la loro reputazione salendo le scale di Palazzo Tursi, di nascosto dai loro famigliari che li vorrebbero interdire?
L’unica sospresa potrebbe venire dai Cinquestelle che un candidato perbene ce l’hanno in casa, si chiama Paolo Putti, oggi stranamente sottotono. Che cosa faranno? L’occasione è ghiotta: andare alla conquista della città del loro Fondatore. Ma se sbagliano la carta anche per loro il rischio diventa pesante.
Dunque mi fa sorridere chi sostiene, con una enorme dose di ipocrisia, che parlare ora di elezioni a Genova è prematuro. Qui non si tratta solamente di individuare i candidati, ma di costruire alleanze perché non ci saranno vincitori assoluti e soprattutto un progetto serio di città che manca da una decina di anni e che non si risolve con due colate di cemento e una decina di palme tra Porto antico e Fiera o con un edificio sullo svincolo autostradale con su scritto Scuola Politecnica. Magari fosse così semplice.
politica
2016, l’anno di Doria e dei suoi contrari
Spicchi d'aglio
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