politica

In Italia ormai la pensione è una chimera
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Il nonno accende il telegiornale, la nonna è seduta al suo fianco, attenta e pronta a carpire le novità di giornata. Quando cominciano a scorrere i titoli del TG si siede anche il figlio, 40enne professore universitario. E’ il 1998 c’è ancora la lira, sulle televisioni nazionali e locali si affacciano le prime immagini che passano dal Soft all’High Definition.Il nipotino di 9 anni, dopo avere guardato cartoni e avere giocato in giardino tutto il giorno, si sofferma su quello che dicono i primi politici intervistati, e ci capisce poco.
Papà ma cosa stanno dicendo?
“Sshh! Zitto e ascolta” il bambino si mette buono a cercare di comprendere di cosa parlano quelle persone che governano il suo paese, l’Italia, e continua a capirci poco o nulla. Legge il nome in sovraimpressione, Giulio Tremonti, la nonna sembra ipnotizzata. Parole, parole, ma il concetto? Rimane ancora seduto sul divano, per la compagnia, anche perché sono le 20 e fuori fa freddo e quella è l’unica televisione in casa, ma ha smesso di ascoltare il telegiornale.


 

Passano gli anni, è il 2008 e quel bambino è diventato un ragazzo, ha vissuto gli anni di Berlusconi, il passaggio tra la lira e l’euro. Tutto costa il doppio di prima. Papà non è ancora andato in pensione e sembra rassegnato al fatto che mancherà ancora un bel po’ di tempo. Il ragazzo si iscrive all’Università, Economia e Gestione Aziendale, perché non sa cosa fare, ma vorrebbe guadagnare qualche soldo prima o poi. Nonostante la crisi di cui tutti parlano. Dopo un anno e mezzo però di risultati altalenanti il padre decide di smettere di pagargli la retta universitaria e gli dice di trovarsi un lavoro. Il ragazzo parte e approda in Svizzera, tra i monti della verde e organizzata Svizzera. Ci rimane 10 anni, stipendi regolari, ogni ora di lavoro pagata, ogni minuto scandito dai precisi orologi elvetici è profumatamente remunerato. Al ragazzo non sembra vero quando nel marzo 2011 gli versano 4100 franchi sul conto, ha lavorato molto quel mese e se li è meritati. In Italia in quel marzo 2011 non ci tornerebbe neanche per il lavoro della vita.

 


 

Nel 2018 però quel ragazzo è quasi diventato uomo, o meglio gli piacerebbe essere uomo e magari mettere su famiglia, abbandona il lavoro in Svizzera e accetta un’opportunità lavorativa in Italia. Suo padre in pensione non ci va, un contratto il ragazzo non lo ha firmato, ma ogni giorno si alza e va a lavorare sperando di ricevere lo stipendio. Vive con sua madre perché i soldi risparmiati in 10 anni in Svizzera gli servono e guadagnare di più dell’affitto non è certo evidente. La sera accende la televisione e vede ancora le stesse facce di quando aveva 8 anni, che fanno dei discorsi arzigogolati. Oggettivamente non ci sta, non capisce come sia possibile che nessuno alzi la testa in un mondo che accetta piegandosi i soprusi del potere. Quel ragazzo il 4 marzo non ha nessuna intenzione di andare a votare. A meno di vedere qualche cambiamento.






Secondo quel ragazzo ci vorrebbe un pool organizzato al governo che dimostri ai cittadini di agire per il bene del paese, un governo che dovrebbe vedere dimezzato il numero dei parlamentari e abolito il vitalizio, un governo che si dissoci dalla mafia e che lo dimostri, sono solo alcuni degli elementi che farebbero il bene dello Stato, ridurrebbero la criminalità, renderebbero meno ridicolo il paese più bello del mondo. Sarà poi così difficile imitare almeno in parte l’organizzazione della Svizzera? Anche la legalizzazione di marijuana e prostituzione potrebbe essere un segnale che l’Italia vuole combattere la criminalità organizzata. Falcone e Borsellino sono morti, Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba. Parole, parole, parole