politica

Verso la consultazione popolare
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Con il referendum costituzionale di novembre 2016 si va a votare a favore o contro la riforma Boschi-Renzi. Perché votare Sì e perché votare No? Proseguiamo il dibattito con l'intervento di Vito Vattuone, senatore del Partito Democratico eletto in Liguria.


Gentile direttore, è con piacere che rispondo al vostro invito al dibattito sul referendum costituzionale, spiegando le ragioni per cui mi sono espresso favorevolmente in Parlamento per la Proposta di revisione Costituzionale e per cui sostegno al Sì al Referendum.

Credo sia preliminarmente necessario sgomberare il campo da alcuni equivoci che attraversano il dibattito.

L’attuale Parlamento, eletto nel 2013, è pienamente legittimato a modificare la Costituzione. Chi afferma il contrario dovrebbe leggere per intero la sentenza della Corte Costituzionale che sancisce l’illegittimtà della legge elettorale nota come “Porcellum”.

Il processo di riforma si è rimesso in moto in questa legislatura, dopo la rielezione, a larghissima maggioranza, a Presidente della Repubblica di Giorgio Napolitano, che accettò il nuovo mandato condizionandolo a tale presupposto, e la formazione del Governo Letta, sulla base di un mandato parlamentare ad ampia maggioranza e con l’ausilio di una Commissione di saggi. Toccò poi all’attuale Governo assumersi la responsabilità di presentare nell’aprile 2014 il disegno di legge costituzionale.

La riforma che abbiamo votato in Parlamento, e che sarà sottoposta con il referendum al giudizio dei cittadini e delle cittadine, non tocca la prima parte della Costituzione che contiene i principi e i valori, gli obiettivi fondamentali che la Repubblica deve perseguire. Oggetto di revisione è la seconda parte, che detta le norme di funzionamento istituzionale.

Non stiamo “stravolgendo” la Carta fondamentale della nostra Repubblica, stiamo modificando gli strumenti per farla funzionare meglio.

Illustro ora le ragioni per cui esprimo il mio Sì:

Un Sì per superare il bicameralismo paritario
Finalmente l’Italia cesserà di essere l’unico Paese europeo in cui il Parlamento è composto da due Camere eguali, con gli stessi poteri e praticamente la stessa composizione. Il superamento del cosiddetto “bicameralismo paritario” servirà per ridurre il costo degli apparati politici e per rendere l’attività del Parlamento più rapida ed efficace. La Camera dei Deputati darà e toglierà la fiducia al Governo, il Senato rappresenterà prevalentemente le istanze e i bisogni di Comuni e Regioni. Aspetto molto importante che impedisce il ritorno alla paralisi di sistema, così come ce lo ricordiamo vivissimamente nel 2013 ma che già si era manifestata a partire dal 1994 e nelle successive legislature con maggioranze diverse nei due rami del Parlamento.

Un Sì per avere leggi in tempi più rapidi

Se vincerà il Sì, finalmente le proposte di legge non dovranno più pendolare tra Camera e Senato, nella speranza che prima o poi si arrivi ad un testo condiviso fino alle virgole. Tranne che per alcune limitate materie, di norma la Camera approverà le leggi e il Senato avrà al massimo 40 giorni per discutere e proporre modifiche, su cui poi la Camera esprimerà la decisione finale.

Un Sì per ridurre i costi della politica
Verrà ridotto il numero dei parlamentari, perché i senatori elettivi passeranno da 315 a 95 (più 5 di nomina del Presidente della Repubblica) e non percepiranno indennità; il CNEL verrà abolito, e con esso i suoi 65 membri; i consiglieri regionali non potranno percepire un’indennità più alta di quella del sindaco del capoluogo di regione e i gruppi regionali non avranno più il finanziamento pubblico; le province saranno eliminate dalla Costituzione.

Un Sì per una Maggiore partecipazione dei cittadini
Con la riforma, la democrazia italiana diverrà autenticamente partecipativa: il Parlamento avrà l’obbligo di discutere e deliberare sui disegni di legge di iniziativa popolare proposti da 150mila elettori; saranno introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo; si abbassa il quorum per la validità dei referendum abrogativi (se richiesti da ottocentomila elettori).

Un Sì per chiarire le competenze di Stato e Regioni

La riforma chiarirà e semplificherà il rapporto tra Stato e Regioni: con l’eliminazione delle cosiddette “competenze concorrenti”, ogni livello di governo avrà le proprie funzioni legislative. Si eviterà finalmente la confusione e la conflittualità tra Stato e Regioni che ha ingolfato negli scorsi 15 anni il lavoro della Corte Costituzionale.

Un Sì per aumentare la rappresentanza degli Enti Locali in Parlamento e in Europa
Il Senato diverrà finalmente il luogo della rappresentanza delle regioni e dei comuni, che potranno così intervenire direttamente nel procedimento legislativo attraverso i sindaci e i consiglieri che ne faranno parte. In più, il nuovo Senato dei sindaci e dei consiglieri sarà investito di una funzione molto importante: parteciperà alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea e ne verificherà l’impatto sui territori.

Chiudo il mio intervento con un appello a tutti Cittadini, al di là di ogni appartenenza politica: il Referendum è molto importante per quello che andrà a produrre, non per chi lo propone, e non è un giudizio sul Governo e sul Premier. E’ importante che vi sia una grande partecipazione e che il voto sia espresso sul merito della riforma.