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Un uomo temprato dalla guerra, che a 6 anni già lavorava come ciabattino per portare i soldi a casa: "Io sono nato nella periferia della periferia, a Certosa, dove venivano i soldati a fare le esercitazioni. Un posto molto isolato, mio padre ci ha abbandonato quando avevo 6 anni e quindi ci siamo dovuti rimboccare le maniche: sono andato a scuola sino alla terza elementare, poi oltre a lavorare come ciabattino ho venduto anche caramelle in un cinema e fatto il fornaio".

È la storia di Luigi Barile, detto Gino, oggi riconosciuto come uno tra i più importanti produttori di grappa in Italia: "Ricordo che mia madre, per andare a scuola, con tanti sacrifici mi aveva fatto fare degli scarponcini, altrimenti sarei andato scalzo. Eravamo poveri, assistiti dalla San Vincenzo e lì è iniziata l'amicizia con Don Gallo. Sua mamma fu fondamentale nel reperirci le cure basilari, ci ha aiutata tanto".

Luigi Barile ha fatto della qualità una filosofia di vita. Agli inizi ha avuto solidarietà da uomini generosi e maestri di vita. Dopo aver lottato e investito su se stesso ha corso i rischi necessari, ha giocato e ha vinto. "La mattina facevo il pane e il pomeriggio raggiungevo i partigiani per dare il mio piccolo contributo mentre finivo le elementari per diventare apprendista operaio. Poi altri mille lavori per sopravvivere, sino a quando la grappa è diventata la mia vita. Se i giovani credono in qualcosa, provateci sino in fondo anche facendo i sacrifici".

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