Cronaca

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Cosimo Spagnolo, padre di Claudio, ucciso 30 anni fa da Barbaglia, condannato a 14 anni e scarcerato a meno della metà della pena: "Oggi mio figlio sarebbe un 50enne, ma non riesco a immaginarlo adulto perché per me rimane il ragazzo che vedo nelle foto"
3 minuti e 14 secondi di lettura
di Michele Varì

"Sono sfiduciato perché lo scorso 29 gennaio alla commemorazione per il trentennale per la morte di mio figlio davanti allo stadio c'erano anche i tifosi interisti e atalantini nel gridare "basta lame e basta violenza", ma purtroppo non è servito a evitare l'ennesima tragedia.  Per tenere lontani i violenti dagli stadi servono pene esemplari".

L'assassino di mio figlio in libertà troppo presto

A parlare è Cosimo Spagnolo, 81 anni, papà di "Spagna", Vincenzo Claudio, ucciso quando aveva 24 anni il 29 gennaio di trent'anni fa con una coltellata al cuore fuori dallo stadio Marassi, ammazzato dall'ultrà del Milan Simone Barbaglia poco prima di Genoa-Milan. L'assassino, allora 18enne, condannato a 14 anni, ne ha scontati in carcere meno della metà, poi è tornato libero.

Niente stadio per i violenti

"Quando vengono trovati ragazzi con i coltelli in tasca o altre armi bisogna fare in modo che non possano più andare allo stadio - spiega Spagnolo -. Se non si riesce ad arginare il problema tenendo lontani questi delinquenti non si metterà mai fine alla violenza. I violenti devono avere dei Daspo e non entrare negli stadi".

Chi ha vissuto quella tragedia ha capito

Il papà di "Spagna" è consapevole che i violenti sono presenti nelle gradinate, per questo censura ogni scontro, anche una piccola scazzottata, "perché da lì tutto può trascendere". Ma nello stesso tempo ha la speranza che la morte di suo figlio sia servita a fare capire: "I tifosi che hanno vissuto in prima persona quella tragedia oggi hanno cinquant'anni e hanno capito, e credo stiano facendo capire ai ragazzi di oggi come comportarsi, quali sono i principi e i veri valori del tifo. Per prevenire le violenza bisogna parlarne molto, anche nelle scuole, bisogna educare i ragazzi allo sport, per evitare che un padre debba ancora piangere un figlio".

Non riesco a immaginare come sarebbe ora mio figlio

Tragedie - aggiunge con un filo di voce ancora Cosimo Spagnolo - che segnano per tutta la vita. "Anche adesso che sono seduto sul divano e vedo la foto di mio figlio io lo penso e mi faccio mille domande, so che non lo rivedrò più, che non l'ho visto crescere e diventare adulto, non l'ho visto cinquantenne come sono diventati ora i suoi amici. Io non riesco a immaginarlo cinquantenne perché Claudio per rimane quel ragazzo delle foto".

Di lui mi manca tutto, toccarlo, andare a pescare con lui...

Poi il genitore ammette con la voce incrinata dalla tristezza: "Quando parlo di mio figlio sono contento perché è come se lo rifacessi vivere. Però di lui mi manca tutto: la presenza fisica, la sua pacca sulla palla, il vedere il mare e pescare insieme, mi manca la sua vita".

Non riesco a odiare il calcio e il Genoa

Cosimo Spagnolo nonostante questo strazio, questa condanna, non riesce però a odiare il Genoa e il calcio, e non solo perché erano due grandi passioni di Claudio: "All'inizio ho avuto un senso di repulsione verso tutto ma poi il tanto affetto ricevuto dai tifosi e la vicinanza della società mi hanno aiutato. Il Genoa rimane una passione, ma non lo seguo, non vado più allo stadio".

Il papà di "Spagna" ammette che all'ultima commemorazione del figlio davanti allo stadio di Marassi, dove per la prima volta sono state invitate tutte le tifoserie d'Italia, in segno di distensione, per  dire no alle violenze, non si è accorto che alcuni ultrà hanno invitato i giornalisti a stare alla larga, vietandone l'ingresso nello stadio dove si è tenuto l'ultima parte della commemorazione: "Mi spiace, perché i giornalisti devono essere lasciati liberi di fare il proprio lavoro e raccontare cosa accade. Voi - ribadisce come a rimarcarlo - dovete raccontare tutto quello che succede in modo che la gente sappia, anche questo serve per prevenire la violenza".

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