Cronaca

Viaggio tra le ex cartiere di via Biscaccia riciclate come case e capannoni dove ha sede la Engineering Automation creata da una delle vittime e per cui lavoravano anche Pavel e Francesco, che era appena diventato papà e viveva in via Tanini a Borgoratti
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GENOVA - Via Biscaccia è una strada nel verde di Mele, bucolico paesino alle spalle di Voltri pieno di ruscelli e di campagne, con alle spalle la A26 e la grande pala eolica del Turchino, un paese che ha riciclato le sue vecchie cartiere con case e altre attività produttive. Fra queste la Engineering Automation, creata dal pugliese Mario Pisani, settantenne di Taranto, una delle cinque vittime accertate della tragedia della centrale idroelettrica di Suviana, in Emilia.



Un azienda, quella di "Mario il Pugliese" (nella foto in basso), nata a Mele grazie agli incentivi per le aree depresse e per la sua posizione strategica, vicina al porto e a un casello autostradale, come ha ricordato Mirco Ferrando, il sindaco di Mele. Una ditta di cui sino a ieri nessuno sapeva l'esistenza e dove lavoravano altre due vittime dello scoppio, Pavel Petronel Tanase (in alto a destra), 45 anni, rumeno residente a Settimo Torinese, e Vincenzo Franchina, (in altro a sinistra) 36 anni da compiere, il più giovane, che era anche l'unico dei tre che abitava a Genova, con Enza, sua moglie e il loro bambino nato a gennaio.

Stamane nel capannone di via Biscaccia gli altri dipendenti della ditta sono tornati al lavoro, ma nessuno ha voglia di parlare. Aprono la porta di ferro e la richiudono con gentilezza. Troppo il dolore per la morte dei colleghi, a cui si aggiungono le incognite per il loro futuro ora che il titolare non c'è più.
Non parla neppure Diego Ottonello, abitante sul Turchino, altro dipendente della ditta di "Mario Il pugliese", anche lui doveva essere a Suviana, ma non è andato perché sotto mutua. E ora si sente un sopravvissuto.

Non parlano neppure i vicini di casa di Vincenzo e Enza, in via Tanini a Borgoratti: lui avevano Lasciato la sua Sicilia per un lavoro da perito elettrotecnico e aveva messo su famiglia con Enza Di Perna, una paesana, che ha trovato un posto come infermiera al Gaslini, e ora rinchiusa nel suo dolore, a Sinagra, il paese di origine dei due, dove lei era andata quando Enzo è partito per la quella maledetta trasferta in Emilia.

La loro abitazione, nella stretta via Tanini ha le serrande abbassate, e gli altri inquilini si limitano a poche parole, come i rari negozianti. Perché Enza e Vincenzo, abitavano lì da poco. Chi li ricorda però li descrive come sorridenti e felici, perché appena diventati diventati genitori di Tommaso, il loro splendido bimbo che ha perso il papà a soli tre mesi di vita, troppo presto.

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