
La sfida della Chiesa è e resterà sempre quella dell’annuncio del Vangelo. In un mondo devitalizzato, anestetizzato e sempre più lontano dai valori religiosi, dove sempre più si diffondono individualismo, frammentazione, indifferenza, violenza e presunzione di potere, di fronte al crescere della materialità occorre ripristinare i principi della fraternità, se desideriamo davvero mettere all’orizzonte un mondo migliore, vivibile e sostenibile per tutti. Tanti drammi, poche sicurezze, nessuna certezza. Il popolo di Dio, le comunità cristiane disperse nel mondo sono chiamate a gettare semi di speranza, a offrirsi come luoghi in cui chi cerca possa trovare risposta alle domande serie della vita, dell’esistenza. Occorre ridare un’anima alla vita e a tutte le sue sfaccettature.
Papa Francesco ha tracciato sentieri per una via nuova, una nuova creatività capace di illuminare, di orientare, di aprire futuro, di dare un’anima alla storia. Lo ha fatto sollecitando la conversione missionaria del popolo di Dio, la chiesa in uscita (Evangelii gaudium), affrontando la crisi e i grandi temi che affliggono la casa comune (Laudato si’), indicando la via della fraternità universale (Fratelli tutti) e centrando questo percorso nel cambiamento dei cuori incarnati nel cuore di Cristo (Dilexit nos). La Chiesa deve camminare con questo sguardo ampio e con i piedi per terra, tra la gente e i suoi problemi. Si tratta quindi di una sfida culturale ed educativa perché i valori della vita sociale, quali ad esempio giustizia e pace, hanno necessità di radici fondate sulla memoria, sulla conoscenza, sulla democrazia, sul dialogo, sull’amicizia sociale. Si parla di sviluppo sostenibile ma preferiamo parlare di sviluppo umano integrale per non essere ridotti al paradigma tecnocratico del “di più”, del “meglio” materiale e invece per essere centrati sulla crescita di ogni uomo, sullo sviluppo di ogni persona in tutte le sue dimensioni.
Per questo le nostre comunità dovranno orientarsi a umanizzare la società recuperando il significato e le domande della vita: chi sono, dove vado, che mondo vogliamo per noi, per i nostri figli? Occorre ripartire dal far memoria e dal tornare a pensare, in un mondo che spinge a non far maturare le persone, a distruggere la capacità di pensare, a ragionare con gli influencer, gli algoritmi, il marketing e gli slogan. Evitare le false promesse e tutto ciò che è illusorio. Riacquisire consapevolezza e responsabilità verso il presente e verso le nuove generazioni. Rivalutare termini profondi quali democrazia, bene comune e partecipazione.
Possono sembrare parole e utopie ma c’è un presente concreto e urgente che sollecita - come sempre indicato non solo da papa Francesco ma anche dai suoi predecessori - all’ascolto del grido dei poveri, alla cura degli ultimi ma, direi, anche dei penultimi e dei primi. Il Vangelo con la sua profonda umanità deve essere annunciato a tutti. Non dobbiamo dimenticare che oltre agli economicamente poveri, ai fragili, ai miseri e agli emarginati vi sono altri poveri: ammalati morali, poveri di affetti, di attrattive, di senso. Coloro - come dicevo all’inizio - che sono disorienti o che naufragano nel vuoto. Alla Chiesa spetta il compito di dare gioia e speranza passando attraverso la presenza nelle strade del nostro quotidiano. “Noi apparteniamo a coloro che aspettano la parola di Dio” così scriveva Magdalene Delbrel. Per questo il popolo di Dio accetta il tempo presente assumendo le sfide dell’inequità, della denatalità, delle povertà vecchie e nuove, dei migranti, delle dipendenze, della ricchezza mal distribuita, del benessere indifferente, di una fiscalità equa, della corruzione.
Per questo il popolo di Dio che vive nelle nostre comunità dovrà continuare a essere “in uscita”, a essere aperto, a riunirsi non per proteggersi ma per disperdersi; accogliente per tutti, per creare luoghi di dialogo, di condivisione, per difendere la persona e promuovere la fratellanza umana. Il Popolo di Dio dovrà essere capace di essere a servizio degli essere umani, capace di carità missionaria ma soprattutto più professante per dare testimonianza della Buona novella, dell’amore di Gesù Risorto. Sarà fondamentale una presenza unita, attiva ma non agitata; responsabile e non delegante, consapevole dei limiti ma severa nel denunciare.
E questo lo farà con il Pastore che la guiderà nel prossimo futuro, qualunque esso sia perché convinti che la realtà Chiesa vive secondo i doni dello Spirito.
Gigi Borgiani* - Fondazione Auxilium Genova
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