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Ieri sera, prima di andare a dormire, mi sono chiesto: ma domani che cosa scrivo? Di solito il sabato sera ho già abbastanza chiaro il commento che scriverò il giorno dopo sul sito di Primocanale. Basta pandemia. Non ne parla quasi più nessuno. Per esempio riflessioni sulla campagna elettorale per le comunali di Genova? Non mi è venuto niente da queste riflessioni. Nessuno stimolo. Allora potrei raccontare in breve la storia di un grande sindaco, Vittorio Pertusio, democristiano, sindaco della prima ricostruzione di Genova dopo la guerra, al quale è stata finalmente dedicata una strada. Ho riletto il mio cellulare dove ormai aggiungo ogni giorno appunti. Nulla. Il vuoto assoluto. Poi spunta un’ immagine: la nuova funerea fontana di Brignole, tanto brutta che di più brutto non si può. Lasciamo stare….


La verità è che la mia testa è altrove. Le immagini che arrivano da Kiev sono impensabili. Un grattacielo mangiato da un missile come le torri gemelle di New York. Code di auto sull’autostrada che porta in Polonia, tutte famiglia in fuga verso una speranza di salvezza. Un gruppo di bambine sedute in fila, una addossata all’altra, altro che distanziamento… come se fossero davanti a uno schermo cinematografico. Gli occhi perduti. L’angoscia dentro un rifugio. Quale rifugio? La stazione del metro.


Camminando in corso Armellini passo davanti a una galleria da anni diventata un garage. I miei genitori con mia sorella appena nata, dalla casa di piazza Manin, quando suonavano le sirene che annunciavano i bombardamenti alleati su Genova, correvano con i nonni e gli zii a rifugiarsi sotto quella galleria, insieme a decine di altre famiglie della zona. Mio padre me lo raccontava spesso, quando passavamo davanti a quel garage-tunnel oggi riempito di autovetture.
Vi confesso che mi sono venuti i brividi.


Non so che cosa dire di una guerra vera, anche se da lontano ne ho “viste” tante: l’invasione dell’Ungheria, della Cecoslovacchia, il bombardamento di Baghdad, le navi sovietiche e americane a fronteggiarsi davanti a Cuba, l’Afghanistan, l’Iran, la vicinissima devastazione nel Kosovo.
Ma quella galleria di corso Armellini mi fa sempre venire i brividi.