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Uno degli sport più frequentati di questi ultimi mesi (molti) è quello di parlare male del Pd, oggetto di attacchi da sinistra e da destra, ma soprattutto dal centro e della satira che, nel gioco del partito che continua a cercare qualcosa, in particolare i suoi elettori, cioè quelli che aveva un tempo nemmeno troppo antico, sta facendo ridere tanti. Sarebbe davvero una sorpresa se oggi l’affluenza alle primarie (assurdamente aperte a tutti anche ai non iscritti, anche agli avversari magari camuffati) ribaltasse questa situazione attesa da molti. Una partecipazione forte al voto in ogni caso vorrebbe dire che la questione di avere nel nostro Paese un partito di sinistra vero e democratico è sentita, interessa i cittadini che capiscono quanto sia (sarebbe) importante avere un partito di opposizione alla destra, che sa svolgere il suo ruolo e non si limita a dire dei “no”. Gli elettori da tempo hanno chiesto ai candidati segretari un programma alternativo, quello che non c’è più stato da troppi anni, da quando il Pd è diventato un partito che vince a Castelletto e Albaro e perde a Voltri e Sestri Ponente. Questo programma alternativo non si è visto o si è visto centellinato col contagocce anche a Genova e in Liguria.


Il vero disastro sarebbe una scarsa affluenza alle urne e ai gazebo. Che significherebbe la sconfitta decretata non da qualche notabile, ma dal popolo.
E una sconfitta potrebbe aprire uno scenario paventato da molti, quello di una scissione, parola ahimè evocata da qualche tempo. Scissione che a Genova in particolare è già stata dolorosa quando i duecento iscritti, militanti, notabili se ne andarono in occasione delle elezioni regionali del 2015, in contrasto con le scelte di Claudio Burlando e di fatto consegnando alla destra il governo della Liguria. Poi è stato un rosario di sconfitte, di scelte, posizionamenti e candidature sbagliate.


Proprio a Primocanale, Claudio Montaldo che conosce molto bene le vicende del Pd essendone stato uno dei più acuti protagonisti, esclude una divisione. Ma in fondo la teme come tanti. Anche perché la voglia di un nuovo partito cattolico esiste come esiste il desiderio di un partito di sinistra più radicale. Mentre in queste ultime vicende il Pd e lo spirito unitario e riformista della fondazione è stato quasi del tutto cancellato. Nessuno ne parla più dell’accordo (non parliamo di fusione per favore) tra cattolici e ex comunisti. Questa storia è vecchia ormai di più di cinquant’anni, da quando Palmiro Togliatti tentò a più riprese di convincere il mondo cattolico a “spargersi” in tutti i partiti lasciando l’esperienza della Democrazia cristiana degasperiana. O a provare un’ unità d’intenti (non di fedi) con il mondo cattolico, tentativo che ebbe il suo apice nel grande discorso di Bergamo del capo carismatico comunista, il famoso discorso sul Destino dell’uomo. Unità tra cattolici e comunisti in nome della pace che allora era minacciata, sosteneva il Migliore, dai missili piazzati in Italia.

Stasera sapremo qualcosa, stasera sarà più facile ipotizzare un futuro, vinca Bonaccini o vinca la Schlein. E non sarà soltanto un affare del Pd perché, nel bene o nel male, ci toccherà tutti. Toccherà anche Genova, le sue scelte e le sue tendenze. E il suo futuro.