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Il Sappe: "È necessario un intervento urgente per dotare le carceri di sistemi di schermatura efficienti e per contrastare efficacemente l'introduzione di telefoni cellulari all'interno degli istituti penitenziari"
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GENOVA - Nuovo episodio di "lanci" di droga nelle carceri liguri. Nelle ultime ore la Polizia penitenziaria di Marassi, a Genova, e di Chiavari, hanno rinvenuto droga e telefoni cellulari all'interno delle case circondariali. "I bravi Baschi Azzurri del Corpo hanno scovato a Chiavari due telefoni cellulari mentre, a Genova, hanno intercettato gli ennesimi lanci di pacchetti, contenenti droga, dall'esterno della struttura detentiva ai detenuti ristretti" spiega il segretario regionale del sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Vincenzo Tristaino. "Il primo e più rappresentativo sindacato della categoria, il Sappe, torna a richiamare l’attenzione dei vertici regionali e nazionali dell’amministrazione penitenziaria affinché vengano date risposte concrete, alla risoluzione delle problematiche in atto nelle carceri liguri, anche dotando le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria, da sempre in prima linea sul fronte dell’ingresso e possesso di droga e telefonini in carcere, di adeguati strumenti tecnologici di controllo" il monito che arriva da Tristaino.

Il Sappe alza il volume della protesta, sottolineando come non sia più accettabile che all'interno delle carceri ci siano decine di telefoni cellulari, definendo il problema serio e drammatico. "Il problema dell'ingresso della droga in carcere – afferma il leader nazionale del Sappe Donato Capece - è questione ormai sempre più frequente, a causa dei tanti tossicodipendenti ristretti nelle strutture italiane. Dai dati in nostro possesso sappiamo che quasi il 30% delle persone, italiane e straniere, detenute in Italia, ossia uno su tre, ha problemi di droga. Per chiarezza va ricordato che le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti all'interno delle carceri sono presenti per aver commesso vari tipi di reati e non per la condizione di tossicodipendenza. La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all'interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Non vi è dunque dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento". Introdurre o possedere illegalmente un telefono cellulare in carcere costituisce reato, punito da 1 a 4 anni di reclusione. "È necessario un intervento urgente per dotare le carceri di sistemi di schermatura efficienti e per contrastare efficacemente l'introduzione di telefoni cellulari all'interno degli istituti penitenziari" prosegue Capece.

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